[…] Puoi essere uno scrittore nella tua mente, e passi se non vuoi essere pubblicato. Ma non dirmi che sei uno scrittore se non ce n’è la prova. È come se io dicessi di essere un mago ma non mostrassi al pubblico i miei trucchi. […] E, per quanto possa essere triste, quelli che sono stati pubblicati dopo morti, se non fossero stati pubblicati sarebbero solo morti. Questo non li sminuisce come persone, ma la pubblicazione è quello che li definisce come scrittori. Qualcuno doveva leggerli. […]
Devo anche aggiungere che io non scrivo per gli altri o per essere pubblicato, ma spero che il risultato finale sia la pubblicazione, i soldi e la carriera. Ma scrivo al meglio quando lo faccio per me stesso […]. Ho avuto diversi brutti momenti nel percorso verso la pubblicazione, ma ho fatto del mio meglio e ho cominciato a pubblicare, vivendo il mio sogno di scrittore a tempo pieno ma senza preoccuparmi del mercato mentre scrivevo. Una volta finito, però, mi sono lanciato sul mercato come un pazzo.
[…] Non sono contro l’autopubblicazione, ma suggerirei di provare prima la via canonica. Se ti fai un nome e poi ti autopubblichi la cosa sembrerà più legittima. Ricevo molti libri autopubblicati: alcuni sono buoni, ma la maggior parte non lo sono. L’autopubblicazione è un modo per aggirare il modo più comune di pubblicare […], ma prevalentemente è giusto un modo di pubblicare ciò che non sarebbe uscito in un altro modo. Può essere meraviglioso, ma nella maggior parte dei casi non lo è. È un modo per evitare un rifiuto, cosa che è comprensibile. Ma si dovrebbe iniziare con la pubblicazione tradizionale.
Joe Lansdale, dalla sua bacheca su Facebook, 19 gennaio 2013
26 gennaio 2013 alle 14:57
Ora stampo i cartelloni con queste parole e li appendo ovunque nel mondo.
26 gennaio 2013 alle 15:17
va’, va’ e diffondi il verbo 🙂
2 maggio 2013 alle 13:08
Come lettrice, sono d’accordo! 🙂
Ciao, Fior