
mentre rivedo il saggio di uno storico dell’arte apprendo l’esistenza della parola “crisoelefantina” e mi sento avvolta da quella straordinaria gratitudine che mi assalì la prima volta che mi concessero un tavolo in una grande casa editrice d’arte italiana, alla quale avevo chiesto di lavorare come correttrice di bozze, e loro avevano detto sì.