cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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dal lato della luce

io odio google maps. non perché sono vecchia, ma perché mi noja sul serio.

ma mettete quella freccia dove deve essere e ditemi esattamente dove devo andare, per la miseria. non devo essere io a far compiere evoluzioni al telefono. non devo lavorare per voi.

così ieri, dovendo andare a piedi in un luogo molto lontano, ho segnato su un foglietto tutte le tappe principali, fino alla meta. alcuni luoghi li conoscevo, per molti altri ho chiesto ai passanti.

una delle ultime persone cui ho chiesto è stata una portinaia dall’apparenza amerindia. “buongiorno, signora, sa indicarmi piazza pompeo castelli?” “è un po’ lontano, al di là del ponte. le conviene prendere il tram per tre fermate.” “no, grazie, vorrei andare a piedi.” “allora sempre dritto. ma cammini dall’altra parte, così si riscalda”. l’altra parte era il lato soleggiato della strada.

muori, google.


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nerino, o caro

vi ricordate di nerino lantignotti? mrs cosedalibri ne aveva parlato qui, fantasticando sulla sua identità. nerino, nella mente di chi scrive, aveva frequentato tutti i libri. nerino aveva e ha un nome che richiama cose buone.

stamattina, appena sollevata la tapparella, ho rivisto la macchina di nerino sul marciapiede di fronte. nerino ha cambiato la grafica del suo biglietto da visita su ruote. da scritta rossa in campo bianco è divenuta una scritta bianca su una fascia blu.

non avevo notizie di nerino dal 2017, l’anno in cui lo incontrai per la prima volta. mi ha colta una felicità subitanea, ho aperto la finestra e ho guardato il veicolo a lungo. nerino, lui, non è comparso. ma io so che è vivo, e che tra qualche anno potrò scrivere un terzo post su di lui.


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un post licenzioso_tom of finland

tom of finland. courtesy

non c’è un’occasione particolare per la pubblicazione di questo post (il centenario dalla nascita cadeva a maggio di quest’anno), se non che i disegni di tom of finland mi piacciono molto. mi piace quel miscuglio di desiderio e sfrontatezza, quell’allegria non di naufragi (ma qualche marinaio c’è) dei ragazzoni glassati di touko.

disegni così precisamente torniti, in cui tom of finland dispiega un’esattezza sensuale: turgori così vividamente frementi nella loro immobilità, fasciati all’interno di pantaloni-guanti, da comunicare una sensazione postorgasmica, come quando l’orgasmo è stato perfetto e induce la sensazione di essere venuti al mondo solo per mangiare e copulare. quei turgori, di qualunque orientamento sessuale si sia, invitano al tocco, a una gioiosa manipolazione, e lo stesso si può dire di quei pettorali sviluppati quasi come seni femminili.

scrivono tom+lorenzo sul loro sito:

“Touko Laaksonen, il leggendario artista erotico gay finlandese del Novecento, è nato un secolo fa, il che rende questo un momento perfetto per riflettere su ciò che ha realmente dato alla comunità maschile gay. Non era solo materiale da sculacciate. Era uno scorcio di un mondo che gli uomini gay della metà del XX secolo potevano solo sognare; un mondo in cui erano liberi. […]

Gli uomini di Tom non erano solo estreme rappresentazioni di motivi sessuali maschili che mettevano in scena i loro desideri apertamente in un mondo che sembrava essere per loro un parco giochi in cui tutto era permesso; erano anche gioiosamente, ridicolmente felici nella loro sfrenata gaiezza.”

murray clark, su “esquire”, riflette su una sorta di restituzione della virilità ai maschi gay da parte di tom:

“Erano uomini giovani e attraenti, così muscolosi e cesellati da essere a malapena contenuti nella loro uniforme da manovali, mani grosse e carnose saldamente piantate su schiene sottili, tra gli altri posti. […]

‘L’immagine degli uomini gay che dominava la rappresentazione mainstream in questo periodo era la “checca” o la “femminuccia”’, dice Bengry [Justin Bengry, docente di Storia Queer al Goldsmiths’ Centre for Queer History dell’Università di Londra]. ‘Era oggetto di scherno e derisione, un esempio fallito di mascolinità. L’arte di Tom of Finland ha dimostrato che gli uomini che desideravano altri uomini potevano essere maschili, virili e potenti – una risposta a una cultura che spessissimo diceva agli uomini gay che non avrebbero mai potuto essere “veri uomini”’.

scoperta la sua vocazione e intrapreso il percorso di disegnatore, touko laaksonen fu per lungo tempo costretto a nascondere le proprie opere nel suo stesso paese:

“Nel Regno Unito il sesso tra uomini è stato parzialmente depenalizzato cinquant’anni fa, in Finlandia ci è voluto fino al 1971. E fino a poco tempo fa i finlandesi non erano abbastanza pronti da poter riconoscere apertamente nel proprio paese uno degli artisti più famosi che avessero esportato. Nel 2014 hanno messo le sue immagini inconfondibilmente erotiche su un set di francobolli; quest’anno, un biopic [su Tom] è diventato un successo di pubblico nei multisala della nazione. Quasi cent’anni dopo la sua nascita nella città di Kaarina, Tom di Finlandia è tornato a casa. […]

Il vero nome di Tom era Touko Laaksonen. Di giorno era direttore artistico senior dell’agenzia pubblicitaria McCann Erickson. Nel tempo libero, però, traduceva in disegni le sue fantasie sessuali – motociclisti e boscaioli, montanari e poliziotti che si davano da fare nelle foreste, nelle prigioni e nei parchi, un sorriso sui loro volti grandi quasi quanto i loro peni enormemente tumescenti. Inizialmente pubblicati su riviste americane di protoporno gay come ‘Physique Pictorial’, i disegni sono stati diffusi in tutto il mondo nei grandi magazzini, nei sexy shop o nei leather bar attraverso un sottobosco internazionale di fan, nonostante le leggi contro la distribuzione di materiale così esplicito.”

così quello che ai suoi esordi era una sorta di reietto obbligato a nascondersi e a distruggere la sua opera è diventato una star nazionale e internazionale: a lui si sono ispirati stilisti, i suoi disegni campeggiano su bottiglie di vodka, lenzuola, berretti e ogni sorta di merchandising. il profumiere di nicchia état libre d’orange, di cui avevamo già parlato qui, gli ha dedicato una fragranza. a helsinki si può fare la tom of finland experience. e per chi vuole rilassarsi sferruzzando capi tom of finland dopo una dura giornata di lavoro, esistono istruzioni disponibili qui.

ancora, su tom, un articolo su “esquire” italiano.

sì. sono dediti alla caccia umana urbana, amano la carne maschile e non ne fanno mistero. ma i ragazzi di tom a volte leggono pure.

p.s.: ho trovato in rete le immagini che pubblico. chiedo perdono alla tom of finland foundation se ho infranto qualche copyright. fatemi sapere se devo toglierle.


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in una quattordici senza sforzo_un libro di bruno cavallone

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non l’ho letto e mi piace. ne so solo quello che ho potuto ricavare dalla newsletter di henry beyle nella mia casella di posta: un antipasto così ghiotto da farmi venire la tentazione di comprare il libro intero, nonostante quelle carte inutilmente ricercate e quei prezzi colpevolmente spropositati dei libri di henry. qui si può leggere il profilo dell’autore, bruno cavallone. qui sotto riporto il brano da “avvocato, non parla: che cos’ha”? – una antologia personale: ah, il plurale affettivo.

Il plurale affettivo, o protettivo. Lo usano gli avvocati, quando dicono «noi» parlando del cliente: noi vogliamo essere assolti con formula piena; abbiamo eseguito a regola d’arte tutti i lavori appaltatici. Sublime il difensore del cane Citron in Les Plaideurs di Racine: quando abbiamo mancato di abbaiare ai ladroni? Lo usano anche le giovani mamme: oggi abbiamo mangiato tutta la pappa. O i fisioterapisti: adesso ci giriamo sul fianco sinistro. Molti anni fa, sentii dire con tono trionfale da una commessa londinese che usciva dal salottino di prova con una signora non esilissima: we got into a fourteen without struggle (siamo entrate in una quattordici senza sforzo).

 


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manine operose sulla “biblioteca di via senato”

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è disponibile per il download, sul sito della biblioteca di via senato, il numero di giugno dell’omonimo mensile. a pagina 27 si trova l’ameno contributo di sandro montalto sui protopost-it, le maniculae, manine con l’indice in fuori disegnate sui margini dei libri per evidenziare contenuti specifici, che mrs. cosedalibri raccomanda di non perdere. ne pubblichiamo un estrattino, antipasto di puro diletto.

“[…] Può capitare, sfogliando un volume antico, di imbattersi in una manina (tecnicamente manicula, o anche ‘manine di attenzione’) manoscritta nei margini (questa terra di nessuno sempre ricca di messaggi ora evidenti ora misteriosi) che indica un certo passaggio. Talvolta stilizzata e tracciata forse con una certa fretta, talaltra disegnata con cura, questa manina era un segno utilizzato nell’Europa medioevale e rinascimentale per evidenziare un passaggio del testo. Per molto tempo considerati segnali di scarsa importanza, di recente queste espressioni grafiche hanno attirato l’attenzione dei filologi testuali e si sono spesso rivelate indizi preziosi. […]

Difficile determinare quando sia nato questo uso, ma sappiamo che la diffusione delle maniculae è iniziata nel XII secolo (le prime tracce si trovano in manoscritti spagnoli), che divennero più comuni dal XIV secolo, e che l’uso si è protratto in maniera significativa fino al secolo XVIII.

È curioso osservare come ogni lettore personalizzava la sua manina: alcune sono decorate, altre hanno dita lunghissime (spesso l’indice, a volte tutte), altre ancora sono quasi ossute o cicciotte; alcune hanno anelli o braccialetti, altre (quasi tutte) no, qualcuna ha le unghie; in alcuni casi possono essere molto elaborate (mani che escono da anfore o dal becco di uccelli, o anche essere raffigurate insieme all’intera figura umana) e talvolta sono state disegnate, non si sa se per divertimento, a partire da un braccio che sembra orientato dalla parte opposta; in certi casi sono accompagnate da piccole annotazioni (come ‘nota’, oppure ‘no’ quando il lettore si fosse trovato in disaccordo o avesse trovato errori nella composizione della pagina); in altri casi ancora – molto più rari – il lettore ha usato una manina per portare convintamente l’attenzione non su parte del testo ma sulla propria osservazione manoscritta a margine, e in rarissimi ma curiosi casi le dita sembrano tramutarsi in veri e propri tentacoli per evidenziare passaggi distanti fra loro (come avviene in una copia del Paradoxa stoicorum di Cicerone conservata presso la Bancroft Library). […]

Maniculae se ne trovano ovunque: molte ne usava John Dee (affascinante figura di bibliofilo, matematico, geografo, astronomo e astrologo inglese), che ne ha disegnate (decisamente semplici) nei libri della sua grande biblioteca e anche nell’inventario dei propri libri che aveva preparato nel 1583 (Catalogue of Dr Dee’s Library, Trinity College, Cambridge, O.4.20); diverse furono disegnate, talvolta nel suo caratteristico enfatico inchiostro rosso, da Matthew Parker, arcivescovo di Canterbury, teologo e collezionista (la sua biblioteca divenne uno dei nuclei originari della biblioteca del Corpus Christi College, a Cambridge). Ma sono solo due fra mille lettori, spesso anonimi. Due illustri autori della nostra letteratura che hanno lasciato alcune maniculae autografe sono Boccaccio, le cui molte manine avevano l’indice lunghissimo e, solitamente, un polsino con i bottoni (si rivela un buon disegnatore), e Petrarca che pur essendo un buon calligrafo non disegnava quasi mai manine realistiche e accurate.”

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qui il sommario della rivista:

Uomini e Libri

GIAMPIERO MUGHINI:

L’HOMME À PAPIER

di Massimo Gatta

Sicilia

PIETRO DA EBOLI E IL SUO

‘INNO’ ALL’IMPERATORE

di Nino Insinga

Libri

BREVE STORIA DI

UN SEGNO D’ATTENZIONE

di Sandro Montalto

Bibliofilia

LA LEGENDA AUREA

DI JACOPO DA VARAZZE

di Giancarlo Petrella

Editoria

LA LUMACAGOLOSA

DI DANIELE FERRONI

di Antonio Castronuovo

Scrittori

IMMAGINI, PAROLE E

VISIONI DELLA RECHERCHE

di Giuseppe Scaraffia

BvS: Archivio Malaparte

MALAPARTE E LA FINE

DE IL SOLE È CIECO

(prima parte)

di Deborah Terzolo

IN DODICESIMO – Le rubriche

LO SCAFFALE DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO DEL MESE –

RIFLESSIONI E

INTERPRETAZIONI –

L’OZIO DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO D’ARTE

di Giancarlo Petrella, Mario Bernardi

Guardi, Carlo Sburlati, Antonio

Castronuovo e Luca Pietro Nicoletti

 

chi fosse interessato a un altro articolo sulle maniculae può consultare “rivista studio”, qui.


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fly me to the moon_obsolescenza dei tacchi secondo suzy menkes

adidas-stan-smith-j-s74778-s74778-9da tempo mrs. cosedalibri sostiene la necessità e la bellezza, per le ragazze, delle sneakers al posto degli invalidanti tacchi di qualsiasi altezza. adesso questa opinione è confortata dalle osservazioni della sovrana assoluta della moda, quella suzy menkes international editor di “vogue”. suzy le esprime in theorem[a] – the body, emotion + politics in fashion, di filep motwary, di recente uscita presso skira editore in collaborazione con polimoda. l’editor del volume, per ora solo in inglese, è la vostra anna albano, aka mrs. cosedalibri.

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Filep Motwary: Come si collega la società ai vestiti che si sceglie di indossare? Cerchiamo un significato più profondo nell’abbigliamento?

Suzie Menkes: Non credo che la maggior parte delle persone cerchi un significato profondo. La maggior parte delle donne – e anche degli uomini – vuole abiti che si muovano con il corpo. Abbiamo superato l’epoca in cui le donne camminavano in punta di piedi su tacchi altissimi, o in cui gli uomini si infilavano in enormi gilet per apparire intelligenti. Le persone sono andate oltre.

L’abbigliamento semisportivo per le donne ha cambiato tutto. Ora è perfettamente normale andare in ufficio con pantaloni stretch e scarpe da ginnastica. Nelle metropolitane di qualsiasi città dell’Estremo Oriente, o in America, India, Europa, ovunque la gente indossa scarpe da ginnastica perché sono comode. Le scarpe sportive ti permettono di usare l’energia come ti aggrada, non ti rallentano e sono diventate anche simboli di prestigio. Anche stilisti di haute couture come Karl Lagerfeld di Chanel fanno sfilare le sneakers, che in passato si sarebbero indossate solo sui campi da tennis.

Adesso le scarpe sportive sono decorate e rimandano segnali di ogni tipo. Sono diventate cool e la gente ama indossarle. Direi che è successo negli ultimi sette anni, forse anche meno. In questo caso, tuttavia, non parliamo di un significato più profondo, ma di persone convinte che portare il tipo di scarpe che indossano i rapper o le star dello sport dia loro un’identità.

Quando parliamo di significato più profondo nei vestiti – un esempio potrebbero essere le persone che in passato indossavano abiti neri per segnare una morte nella loro famiglia (dopo la morte del marito la regina Vittoria vestì di nero per il resto della vita) –, non riesco a pensare davvero a nulla di simile nell’oggi, a qualcosa che manda un messaggio a tutti gli altri. Ci sono però senz’altro tipi di abbigliamento che esprimono certe caratteristiche. Prada ne è un esempio: i veri seguaci di Prada puntano a dire: “Come Miuccia Prada, apprezzo il lato artistico del mondo.” Ma pochi cercano questa profondità in quello che indossano. La maggioranza cerca soprattutto il comfort.

filep motwary, theorem[a] – the body, emotion + politics in fashion, skira/polimoda, milano 2018, editing a cura di anna albano

 

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suzy menkes con pharrell williams. courtesy


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“non c’è più nessuno al mondo che voglia svegliarsi nel cuore della notte e cantare?”, o della passione

Mary Oliver

mary oliver. courtesy

non ho mai incontrato nessuno dei miei amici […] nella solita maniera; erano estranei, e vivevano unicamente nei loro scritti. ma nonostante fossero compagni-ombra, erano comunque presenti, potenti, e sorprendenti. nel senso che dicevano cose straordinarie, che hanno cambiato il mio mondo.

In quest’ora dico cose in confidenza,

Potrei non dirle a tutti, ma le dirò a te.

whitman è stato il fratello che non ho avuto […] splendeva al crepuscolo nella mia stanza, in cui andavano accumulandosi libri, quaderni e stivali sporchi di fango, e la vecchia underwood di mio nonno.

La mia voce va dove i miei occhi non possono giungere,

con un ruotare di lingua circondo mondi e volumi di mondi.

[…]

così, quando cominciai a scrivere poesie, quelle di whitman mi stavano davanti come modelli. intendo il potere oceanico e il rombo che percorrono la poesia di whitman: la sintassi rapinosa, le dichiarazioni smisurate. in quegli anni la verità mi sfuggiva, così come la mia fiducia di poterla riconoscere e contenere. whitman mi ha salvaguardato dalle paludi di un’incertezza peggiore, e ho vissuto molte ore dentro il cerchio illuminato della sua sicurezza, e della sua spavalderia. […] e c’era la passione che profondeva nelle sue poesie. la curiosità metafisica! la tenerezza profetica con cui guardava al mondo: la sua brutalità, le sue differenze, le stelle, il ragno, nulla stava al di fuori della sua sfera di interessi. mi deliziavo della specificità delle sue parole. […]

ma prima di tutto ho imparato da whitman che la poesia è un tempio, o un prato verde, un posto in cui entrare e in cui sentire. l’aspetto intellettuale viene dopo […] ho imparato che la poesia non è fatta solo per esistere, ma per parlare: per fare compagnia.

ricordo il vagare, l’oziare, i giorni meravigliosi in cui, in compagnia di whitman, ho infilato i pantaloni negli stivali, sono andata e mi sono divertita.

mary oliver, my friend walt whitman, in upstream, penguin press, new york 2016

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l’amore e la necessità profonda della creatività – del potere di creare e modificare mondi – nelle parole di mary oliver, della quale mrs. cosedalibri ha tradotto indegnamente un frammento. è l’invito di “cose da libri”, che ritorna nel giorno in cui un tempo si tornava a scuola. con l’augurio, per questo nuovo anno, di svegliarsi nel cuore della notte per cantare e, quando viene il giorno, di essere felici senza ragione.

oh, e ben ritrovati.

 


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spigolare mentre si va, e un regalo di buon anno

nei giorni passati, a cavallo tra i due anni, mrs. cosedalibri ha viaggiato parecchio, a volte in aereo e a volte in treno. ed è proprio qui, su questo mezzo eccellente per pensare, che si è portata riviste diverse, serie e meno serie (prevalentemente meno serie), da cui ha spigolato tra le altre le seguenti cose:

– a metà maggio 2018 ricorrerà il cinquecentesimo anno della morte di francesco griffo da bologna, considerato l’inventore del corsivo.soncino-griffo-petrarca-italic-1200x800

– una splendida dichiarazione del regista ridley scott, il mio regalo per il nuovo anno a chi legge il blog.

giornalista: e i suoi ottant’anni?

ridley scott: non ci penso. è un numero. è solo un maledetto numero.GettyImages-651954720-920x584

– un pensiero di livia manera in un suo articolo su joy williams, in cui definisce la quintessenza del classico racconto americano: “nudo, crudo, fondamentalmente misterioso e imprevedibile”. è la definizione che avrei voluto dare dei racconti di carver, ma non sono mai arrivata a questa sintesi così veritiera.

 

 

 

 

 

 


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bella, buona e gratuita_la rassegna stampa di oblique

Girl-reading-book-very-nice-imagela meritoria rassegna stampa di oblique, quella di novembre, si può prelevare gratuitamente qui in formato pdf: settantasei pagine dedicate a letteratura, lettura e scrittura. qui sotto ne pubblichiamo il sommario: quelli in blu sono gli articoli preferiti da mrs. cosedalibri. buona lettura.

Il decalogo del metallaro

  • Elia Pasini, Duri a morire: i metallari di oggi. Un ottalogo 3

Gli articoli del mese

# Nel nome di Eco

Sara Chiapponi, .la Repubblica., primo novembre 2017

# Calasso: «Per colpa delle immagini abbiamo perso il senso delle parole».

Tishani Doshi, .Sette. del .Corriere della Sera., 2 novembre 2017

# Come nasce un classico

Marco Belpoliti, .Robinson. di .la Repubblica., 5 novembre 2017

# «Prof, sei proprio un bufu!» Breve viaggio attorno al linguaggio giovanile

Rossano Astremo, .minima&moralia., 7 novembre 2017

# Lo spaghetti fantasy conquista il mondo

Claudia Morgoglione, .la Repubblica., 8 novembre 2017

# Non letti o antologizzati, eterni o bistrattati. Comunque classici

Roberto Cicala, .Avvenire., 9 novembre 2017

# Szymborska. L’amore è poesia pop

Renato Minore, .Il Messaggero., 10 novembre 2017

# Quanto costa Capote? Tanto, e pure Mailer…

Matteo Persivale, .la Lettura. del .Corriere della Sera., 12 novembre 2017

# L’altro processo a luci rosse che travolse Hollywood

Letizia Muratori, .Studio., 16 novembre 2017

# Lo zen e l’arte di fare le cose con le mani

Irene Soave, .Sette. del .Corriere della Sera., 16 novembre 2017

# Sfumature di fanfiction

Chiara Papaccio, .Amica., novembre 2017

# Sussidiari. Bando agli stereotipi

Viviana Daloiso, .Avvenire., 21 novembre 2017

# Franzen: «DeLillo lo sa: ho copiato».

Antonio Monda, .la Repubblica., 22 novembre 2017

# I liceali alla prova del dizionario. «Tangentopoli», che vuol dire?

Simone Mosca, .la Repubblica., 23 novembre 2017

# La letteratura può raccontare internet?

Cristiano de Majo, .Studio., 24 novembre 2017

# Le parole che usiamo veramente

Lorenzo Tomasin, .Domenica. di .Il Sole 24 Ore., 26 novembre 2017

# Eugenio Baroncelli

Antonio Gnoli, .Robinson. di .la Repubblica., 26 novembre 2017

# Il libro colpisce ancora

Simonetta Fiori, .la Repubblica., 29 novembre 2017

Gli sfuggiti

# «Via col vento» non finisce mai: Margaret Mitchell una di noi

Karin Slaughter, .la Lettura. del .Corriere della Sera., 8 ottobre 2017

L’intervista allo scrittore

  • Simone Lenzi

L’intervista al libraio

  • Alessandro Alessandroni ∙ Altroquando ∙ Roma


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bonvini + bonvini_libri finti clandestini in residenza

lfc3qualche giorno fa, da bonvini – di questa magnifica cartoleria-tipografia avevamo già parlato qui – si è inaugurata la piccolissima mostra del collettivo libri finti clandestini. l’apertura è stata preceduta da una residenza settimanale degli artisti nell’atelier 1909, il nuovo spazio bonvini, attraverso la cui vetrina si poteva osservare il collettivo al lavoro.lfc_3

la politica bonvini, che ha dato sinora ottimi frutti, è quella dei passi avveduti: accurate selezioni di oggetti legati a carta, stampa, cancelleria – a proposito: chi cercasse l’ultimo modello di casa palomino trova in bonvini una certezza – e di iniziative, e adesso questo piccolo spazio giusto dietro l’angolo, che a giudicare dall’esordio promette benissimo.

ecco l’autodescrizione di libri finti clandestini:

“Libri Finti Clandestini è un esperimento di autoproduzione nell’ambito del riciclo, in relazione all’editoria e al design il cui scopo è quello di realizzare veri e propri libri (sketchbook, taccuini, diari di viaggio, “libri oggetto”, carnet de voyage…) usando solamente “carta trovata in giro”, carta che la gente considera spazzatura: scarti di tipografie, prove di stampa e carte di avviamento, sacchetti della spesa, poster, buste, sacchetti del pane, carta da parati…
Essi possono essere piccole tirature pop up (edizioni di 50, 100 numeri) o libri pronti per essere scritti, disegnati o per assumere qualsiasi altro significato il possessore voglia dargli.”

lfc6libri e quaderni da usare a piacere e poi libri unici, pieni di grazia, pop up in cui dimorano piccoli circhi d’antan, omaccioni rotondi che sostengono le evoluzioni di acrobate leggiadre, forzuti sollevatori di pesi, viaggiatori in paesi lontani.islanda

dav

lfc5ritagliando e creando miniuniversi libri finti clandestini è arrivato sino in giappone, e prevedibilmente camminerà ancora molto. magari reggendosi poeticamente sulla fune come gli atleti circensi un po’ malinconici che vivono nei suoi libri.

IMG_20171125_182635.jpgcome bonvini, lfc poggia su un relativo superfluo, su un nulla che si fa sostanza nello sguardo e nelle azioni di chi osserva, immagina, scrive, disegna, impara a stampare. e tutto si fa nutrimento, tutto si tiene, tra via tagliamento e corso lodi, a milano.

dav

sdr

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