cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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un post licenzioso_tom of finland

tom of finland. courtesy

non c’è un’occasione particolare per la pubblicazione di questo post (il centenario dalla nascita cadeva a maggio di quest’anno), se non che i disegni di tom of finland mi piacciono molto. mi piace quel miscuglio di desiderio e sfrontatezza, quell’allegria non di naufragi (ma qualche marinaio c’è) dei ragazzoni glassati di touko.

disegni così precisamente torniti, in cui tom of finland dispiega un’esattezza sensuale: turgori così vividamente frementi nella loro immobilità, fasciati all’interno di pantaloni-guanti, da comunicare una sensazione postorgasmica, come quando l’orgasmo è stato perfetto e induce la sensazione di essere venuti al mondo solo per mangiare e copulare. quei turgori, di qualunque orientamento sessuale si sia, invitano al tocco, a una gioiosa manipolazione, e lo stesso si può dire di quei pettorali sviluppati quasi come seni femminili.

scrivono tom+lorenzo sul loro sito:

“Touko Laaksonen, il leggendario artista erotico gay finlandese del Novecento, è nato un secolo fa, il che rende questo un momento perfetto per riflettere su ciò che ha realmente dato alla comunità maschile gay. Non era solo materiale da sculacciate. Era uno scorcio di un mondo che gli uomini gay della metà del XX secolo potevano solo sognare; un mondo in cui erano liberi. […]

Gli uomini di Tom non erano solo estreme rappresentazioni di motivi sessuali maschili che mettevano in scena i loro desideri apertamente in un mondo che sembrava essere per loro un parco giochi in cui tutto era permesso; erano anche gioiosamente, ridicolmente felici nella loro sfrenata gaiezza.”

murray clark, su “esquire”, riflette su una sorta di restituzione della virilità ai maschi gay da parte di tom:

“Erano uomini giovani e attraenti, così muscolosi e cesellati da essere a malapena contenuti nella loro uniforme da manovali, mani grosse e carnose saldamente piantate su schiene sottili, tra gli altri posti. […]

‘L’immagine degli uomini gay che dominava la rappresentazione mainstream in questo periodo era la “checca” o la “femminuccia”’, dice Bengry [Justin Bengry, docente di Storia Queer al Goldsmiths’ Centre for Queer History dell’Università di Londra]. ‘Era oggetto di scherno e derisione, un esempio fallito di mascolinità. L’arte di Tom of Finland ha dimostrato che gli uomini che desideravano altri uomini potevano essere maschili, virili e potenti – una risposta a una cultura che spessissimo diceva agli uomini gay che non avrebbero mai potuto essere “veri uomini”’.

scoperta la sua vocazione e intrapreso il percorso di disegnatore, touko laaksonen fu per lungo tempo costretto a nascondere le proprie opere nel suo stesso paese:

“Nel Regno Unito il sesso tra uomini è stato parzialmente depenalizzato cinquant’anni fa, in Finlandia ci è voluto fino al 1971. E fino a poco tempo fa i finlandesi non erano abbastanza pronti da poter riconoscere apertamente nel proprio paese uno degli artisti più famosi che avessero esportato. Nel 2014 hanno messo le sue immagini inconfondibilmente erotiche su un set di francobolli; quest’anno, un biopic [su Tom] è diventato un successo di pubblico nei multisala della nazione. Quasi cent’anni dopo la sua nascita nella città di Kaarina, Tom di Finlandia è tornato a casa. […]

Il vero nome di Tom era Touko Laaksonen. Di giorno era direttore artistico senior dell’agenzia pubblicitaria McCann Erickson. Nel tempo libero, però, traduceva in disegni le sue fantasie sessuali – motociclisti e boscaioli, montanari e poliziotti che si davano da fare nelle foreste, nelle prigioni e nei parchi, un sorriso sui loro volti grandi quasi quanto i loro peni enormemente tumescenti. Inizialmente pubblicati su riviste americane di protoporno gay come ‘Physique Pictorial’, i disegni sono stati diffusi in tutto il mondo nei grandi magazzini, nei sexy shop o nei leather bar attraverso un sottobosco internazionale di fan, nonostante le leggi contro la distribuzione di materiale così esplicito.”

così quello che ai suoi esordi era una sorta di reietto obbligato a nascondersi e a distruggere la sua opera è diventato una star nazionale e internazionale: a lui si sono ispirati stilisti, i suoi disegni campeggiano su bottiglie di vodka, lenzuola, berretti e ogni sorta di merchandising. il profumiere di nicchia état libre d’orange, di cui avevamo già parlato qui, gli ha dedicato una fragranza. a helsinki si può fare la tom of finland experience. e per chi vuole rilassarsi sferruzzando capi tom of finland dopo una dura giornata di lavoro, esistono istruzioni disponibili qui.

ancora, su tom, un articolo su “esquire” italiano.

sì. sono dediti alla caccia umana urbana, amano la carne maschile e non ne fanno mistero. ma i ragazzi di tom a volte leggono pure.

p.s.: ho trovato in rete le immagini che pubblico. chiedo perdono alla tom of finland foundation se ho infranto qualche copyright. fatemi sapere se devo toglierle.


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manine operose sulla “biblioteca di via senato”

BibliotecadiviaSenato_202006_ORIG

 

è disponibile per il download, sul sito della biblioteca di via senato, il numero di giugno dell’omonimo mensile. a pagina 27 si trova l’ameno contributo di sandro montalto sui protopost-it, le maniculae, manine con l’indice in fuori disegnate sui margini dei libri per evidenziare contenuti specifici, che mrs. cosedalibri raccomanda di non perdere. ne pubblichiamo un estrattino, antipasto di puro diletto.

“[…] Può capitare, sfogliando un volume antico, di imbattersi in una manina (tecnicamente manicula, o anche ‘manine di attenzione’) manoscritta nei margini (questa terra di nessuno sempre ricca di messaggi ora evidenti ora misteriosi) che indica un certo passaggio. Talvolta stilizzata e tracciata forse con una certa fretta, talaltra disegnata con cura, questa manina era un segno utilizzato nell’Europa medioevale e rinascimentale per evidenziare un passaggio del testo. Per molto tempo considerati segnali di scarsa importanza, di recente queste espressioni grafiche hanno attirato l’attenzione dei filologi testuali e si sono spesso rivelate indizi preziosi. […]

Difficile determinare quando sia nato questo uso, ma sappiamo che la diffusione delle maniculae è iniziata nel XII secolo (le prime tracce si trovano in manoscritti spagnoli), che divennero più comuni dal XIV secolo, e che l’uso si è protratto in maniera significativa fino al secolo XVIII.

È curioso osservare come ogni lettore personalizzava la sua manina: alcune sono decorate, altre hanno dita lunghissime (spesso l’indice, a volte tutte), altre ancora sono quasi ossute o cicciotte; alcune hanno anelli o braccialetti, altre (quasi tutte) no, qualcuna ha le unghie; in alcuni casi possono essere molto elaborate (mani che escono da anfore o dal becco di uccelli, o anche essere raffigurate insieme all’intera figura umana) e talvolta sono state disegnate, non si sa se per divertimento, a partire da un braccio che sembra orientato dalla parte opposta; in certi casi sono accompagnate da piccole annotazioni (come ‘nota’, oppure ‘no’ quando il lettore si fosse trovato in disaccordo o avesse trovato errori nella composizione della pagina); in altri casi ancora – molto più rari – il lettore ha usato una manina per portare convintamente l’attenzione non su parte del testo ma sulla propria osservazione manoscritta a margine, e in rarissimi ma curiosi casi le dita sembrano tramutarsi in veri e propri tentacoli per evidenziare passaggi distanti fra loro (come avviene in una copia del Paradoxa stoicorum di Cicerone conservata presso la Bancroft Library). […]

Maniculae se ne trovano ovunque: molte ne usava John Dee (affascinante figura di bibliofilo, matematico, geografo, astronomo e astrologo inglese), che ne ha disegnate (decisamente semplici) nei libri della sua grande biblioteca e anche nell’inventario dei propri libri che aveva preparato nel 1583 (Catalogue of Dr Dee’s Library, Trinity College, Cambridge, O.4.20); diverse furono disegnate, talvolta nel suo caratteristico enfatico inchiostro rosso, da Matthew Parker, arcivescovo di Canterbury, teologo e collezionista (la sua biblioteca divenne uno dei nuclei originari della biblioteca del Corpus Christi College, a Cambridge). Ma sono solo due fra mille lettori, spesso anonimi. Due illustri autori della nostra letteratura che hanno lasciato alcune maniculae autografe sono Boccaccio, le cui molte manine avevano l’indice lunghissimo e, solitamente, un polsino con i bottoni (si rivela un buon disegnatore), e Petrarca che pur essendo un buon calligrafo non disegnava quasi mai manine realistiche e accurate.”

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qui il sommario della rivista:

Uomini e Libri

GIAMPIERO MUGHINI:

L’HOMME À PAPIER

di Massimo Gatta

Sicilia

PIETRO DA EBOLI E IL SUO

‘INNO’ ALL’IMPERATORE

di Nino Insinga

Libri

BREVE STORIA DI

UN SEGNO D’ATTENZIONE

di Sandro Montalto

Bibliofilia

LA LEGENDA AUREA

DI JACOPO DA VARAZZE

di Giancarlo Petrella

Editoria

LA LUMACAGOLOSA

DI DANIELE FERRONI

di Antonio Castronuovo

Scrittori

IMMAGINI, PAROLE E

VISIONI DELLA RECHERCHE

di Giuseppe Scaraffia

BvS: Archivio Malaparte

MALAPARTE E LA FINE

DE IL SOLE È CIECO

(prima parte)

di Deborah Terzolo

IN DODICESIMO – Le rubriche

LO SCAFFALE DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO DEL MESE –

RIFLESSIONI E

INTERPRETAZIONI –

L’OZIO DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO D’ARTE

di Giancarlo Petrella, Mario Bernardi

Guardi, Carlo Sburlati, Antonio

Castronuovo e Luca Pietro Nicoletti

 

chi fosse interessato a un altro articolo sulle maniculae può consultare “rivista studio”, qui.


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Pubblicità_Gustav Klimt

La Vienna di Klimt fu quella di Sigmund Freud, Gustav Mahler, Arthur Schnitzler, Karl Kraus, Arnold Schönberg, Theodor Herzl e del giovane Adolf Hitler. Parigi può essersi fregiata del titolo di capitale culturale del mondo occidentale, ma con il senno di poi osserviamo che la culla di gran parte del meglio e del peggio del XX secolo è stata Vienna.

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Gustav Klimt, Donna anziana, 1909

In occasione del centenario della morte di Gustav Klimt, che ricorreva il 6 febbraio scorso, Mondadori Electa ha pubblicato un volume omonimo, scritto da Patrick Bade e tradotto dalla vostra Anna Albano: splendide riproduzioni a colori e una biografia dell’artista completa, che ripercorre tutte le fasi della vita e della carriera.

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Gustav Klimt, particolare dal Fregio di Beethoven, 1902

Questi i contenuti:

Timeline

La Vienna di Klimt

La rivoluzione e la Ringstrasse

Gli inizi

Carattere e vita privata

Le origini dello stile di Klimt

La Secessione

Ver sacrum

Scandalo

Le arti decorative

La Vienna ebraica

Mecenati e collezionisti

Ritratti

Paesaggi

Allegorie e simboli

Klimt, Freud e il sesso

Klimt, Mahler e la musica

Disegni

La fine di un’epoca

Note

Bibliografia selezionata

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Patrick Bade, Gustav Klimt, traduzione di Anna Albano, Electa, Milano 2018, 176 pagine, 29,90 euro


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postcard from berlin_un memoriale permanente

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digberlino è tutta un graffito. vi abbondano centri sociali, ragazzi e anziani male in arnese, fighetti e gente impegnata a salvare la natura. “bio” è un suffisso che va per la maggiore. c’è una straordinaria concentrazione di bar, ristoranti e negozi vegetariani, vegani, variamente biologici, un impazzimento collettivo per il naturale. sulle innumerevoli biciclette c’è l’immancabile invito “go green”, un latte macchiato può costare quattro euro e, contrariamente a quanto lo stereotipo suggerirebbe, la città indulge moltissimo alla monnezza: ai primi di gennaio in molte zone della città si stendevano tappeti di botti esplosi e vuoti di bottiglie di vodka, ma anche resti diversi certamente presenti da giorni.

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breakfast da tante emma, con la luce cupa

anche nei locali delle zone “alternative”, come kreuzberg, proprietari e dipendenti sono poco inclini al sorriso. c’è qualcosa che tiene a distanza, e non è di certo la lingua.

btyfa eccezione, in falckensteinstrasse 17 (sempre kreuzberg), eigenzeit, un bel bistrot la cui proprietaria è affabile e autenticamente gentile. nel piatto del breakfast, davvero delizioso, c’erano:

due panini freschissimi;

due tipi di formaggi, di cui a foggia di garofano;

burro;

marmellata;

pomodoro affettato;

fette sottilissime di zucchina;

un ciuffo di rosmarino;

un alchechengio alchechengi.jpeg,

completati da un ottimo caffè e da una benevola incursione della signora volta ad assicurarsi che tutto andasse per il meglio.

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bdr

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btyla monumentalità di certe zone della città non richiama né grandeur né orgoglio municipale. a berlino, praticamente in ogni bar o ristorante o luogo di ristoro, le candele sono accese a qualunque ora, come in un memoriale permanente. le luci sono prevalentemente fioche, il che contribuisce a una certa qual aria di cupezza.

bdr

bty

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unica graditissima eccezione, il ramones cafè, un luogo apparentemente truce dove ti servono però chai latte e torta alla banana e ciliegia, e il tatuatissimo efebo /barista ti serve con una timida gentilezza che ti spingerebbe a baciarlo in fronte.

berlino è una bella cosa che difficilmente farò ancora.

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i 275 anni della staastsoper berlin

appendice: cose berlinesi sparse

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louis eysen, la madre dell’artista, 1877. opera conservata nella alte national galerie. bella, la libreria, no?

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lo strepitoso segantini della alte national galerie: il rosa del cielo vale l’intera visita, non esagero

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e come chiamare altrimenti un caffè?

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nei dintorni della berlinische galerie

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all’ingresso della berlinische galerie

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alla berlinische c’era una gigantesca retrospettiva di jeanne mammen, pittrice e illustratrice invisa al regime nazista

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ancora jeanne e, qui sotto, un suo puntuto autoritratto

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hummus and friends in oranienburgerstraße 27, quartiere ebraico

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hummus and friends, interno con luce cuoriforme

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conrad ripara, in köpenicker strasse

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dismorfismi gravi in brückenstrasse

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jüdisches museum


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Realista, quasi punk_Amedeo Renzini compie cent’anni e va in mostra a Venezia

“Queste storie dipinte sono episodi veri, sono fatti di cronaca e Storia: una storia di operai e contadini, di uomini che non misurano gesti e fatica.

Io ho guardato e capito questa gente e so che essi sono gli uomini migliori, gli attori veri, di una nuova realtà.

Ho dipinto momenti della grande lotta dei contadini poveri e giusti per la conquista della loro terra e di operai che lavorano e difendono le fabbriche. Storie che accadono vicino e che gridano dentro.

Non voglio certo giudicarmi, ma voglio dire che anche io ho vinto una piccola battaglia: contro la paura di fare della cronaca, di essere di ‘cattivo gusto’, di dar fastidio; ho dipinto con libertà e serietà e dedico questo lavoro ai nostri lavoratori che si battono con rivoluzionaria vitalità e profonda giustizia”.

Amedeo Renzini, catalogo della mostra (Venezia, Opera Bevilacqua La Masa,

17-30 luglio 1950), Venezia 1950

amedeo renzini, c 1985

Al centro, Amedeo Renzini, circa 1985

È la dichiarazione di intenti di Amedeo Renzini, pittore nato a Venezia esattamente un secolo fa, l’11 ottobre 1917. Alla sua opera è dedicata una mostra che inaugurerà nella sua città natale il prossimo 15 dicembre, da un progetto delle figlie Anna e Ombra.

Renzini comincia a esporre nel 1949, con un dipinto dedicato a Maria Margotti, mondina uccisa nello stesso anno nel corso di una manifestazione per i diritti dei lavoratori. La cifra iniziale della sua arte è il realismo, e la sua ricerca, come scrive Giovanni Bianchi nel catalogo della ventura esposizione edito da La Toletta di Venezia, “si fonde con l’impegno politico; l’artista è vicino ad Armando Pizzinato e agli altri neorealisti veneziani, come Giovanni Pontini, Ezio Rizzetto, Bepi Longo, Albino Lucatello, Valeria D’Arbela, con i quali espone a Venezia nel 1953 (febbraio-marzo) alla Galleria al Ponte.”

Storia americana, 1976, tecnica mista, 18 x 23 cm

Storia americana, 1976, tecnica mista, 18 x 23 cm

Negli anni una prepotente fantasia e uno spirito indomito guidano Renzini verso esiti che deviano dallo spirito degli esordi. La sua sostanziale inclassificabilità lo tiene lontano dalla critica e dai circuiti ufficiali, cosa di cui l’artista non si duole, come ci dice lui stesso: “Non so fare i salti mortali, neanche a manina con mercanti e critici (il gatto e la volpe di tante storie di pinocchi pittori) e mi succede che da tempo non mi interessano le mostre ufficiali, i concorsi, i grandi premi, o piccoli. Dipingo, non faccio collezione di medaglie.”

Renzini continua il suo viaggio artistico viaggiando, passeggiando, annotando storie dipinte e scritte; il segno incide più profondamente e il colore esplode in opere di rutilante erotismo.

Albero della vita, dettaglio, 1985, grafite e acquarello su carta, 60 x 18 cm

Albero della vita, 1985, particolare, grafite e acquarello su carta, 60 x 18 cm

E a volte la libertà si trasforma in splendido sberleffo, quasi un’anticipazione del punk, un invito ai borghesi:

amedeo renzini_phanku

  • Amedeo Renzini – Identikit
  • Fondazione Bevilacqua La Masa
  • Palazzetto Tito, Venezia
  • 15 dicembre 2017
  • 21 gennaio 2018
  •  
  • Un progetto di Anna e Ombra Renzini
  • Catalogo della mostra
  • Progetto grafico e impaginazione
  • Matteo Torcinovich
  • Sebastiano Girardi
  • Matteo Rosso
  • Editing
  • Anna Albano


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postcards from lyon 8

dove si incontra un vecchio amico nel bel mezzo di un affresco, si va a piedi dall’uno all’altro arrondissement e si approda in un giardino di delizie

i lionesi sono perlopiù pacifici e gentili: tutti coloro a cui ho chiesto indicazioni mi hanno risposto volentieri e in maniera molto circostanziata, e molti mi hanno accompagnata per un tratto assicurandosi che andassi nella direzione giusta.

durante le mie lunghissime passeggiate non ho mai provato disagio o sensazione di pericolo: sarà la lunga ombra del capitano chérif, ma la città sembra piuttosto tranquilla, fatti salvi alcuni inevitabili balordi che tuttavia non paiono comprometterne la sostanziale paciosità.dig

la bellezza e la calma dei lungofiume verso ora di pranzo, quando turisti e locali perlopiù mangiano ed è facile trovarsi quasi da soli a passeggiare, sono impareggiabili. le attività serali / notturne degli avvinazzati che là vanno a gozzovigliare dopo il tramonto sporca in alcuni tratti la maestosità delle acque: molte sono le bottiglie vuote sulle rive, qualcuna addirittura galleggia sul fiume.

lungo la saona, l’angolo formato da rue de la martinière e da quai saint-vincent, nel primo arrondissement, ospita il bellissimo fresque des lyonnais.

realizzata dagli artisti della cité de la création, l’opera cita e raffigura ventiquattro personaggi della cultura di origini lionesi (si veda qui per l’elenco dei personaggi). dav

 

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andré-marie ampère

 

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antoine de saint-exupéry

 

quale non è stata la sorpresa di mrs. cosedalibri nel vedere rappresentato anche il suo idolo bernard pivot, l’autore della televisione culturale francese, l’anima di “apostrophes” e di “bouillon de culture”! per chi comprende il francese, qui si può guardare una bella intervista a bernard.

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bernard pivot, insuperato giornalista culturale

da rue de la martinière, passando per il quai saint-vincent, si approda all’immensa place bellecour, gigantesco nido di delizie letterarie. collocata tra saona e rodano, nel secondo arrondissement, è una piazza immensa, i cui giardini sono attrezzati con chioschi di ristorazione e panchine, e tutto attorno alle due fontane sono disposte sedie per chi desidera rilassarsi nei pressi dell’acqua, facendosi cullare dal rumore degli zampilli.IMG_20170809_155214.jpg

al numero 29 della piazza sorge la libreria decitre, parte di una catena e risalente al 1907, che mrs. cosedalibri ha visitato in piena rentrée scolaire: vasti settori dedicati a letteratura, scienze umane, turismo, arte, storia, religione, infanzia, gialli e fumetti, libri scolastici e un assortimento fiabesco di cancelleria. oltre a una piccola fornitura di inchiostri colorati per le sue stilografiche – nei colori radiant pink e harmonious green di waterman –, mrs. cosedalibri ha acquistato tre taccuini, tutti giapponesi, tra cui il favoloso life: tutti a righe, con una carta splendida, promessa di scrittura assai scorrevole. bisognerà adesso provarli con le stilografiche e capire se si contemperano con la grafite delle matite palomino.IMG_20170809_150032.jpg

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dove, all’ingresso di una libreria fisica, si celebra l’integrazione tra la lettura su ebook e quella su libri di carta: tea, la soluzione per vendere libri digitali in libreria

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la sezione cancelleria

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i taccuini giapponesi

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qui e sotto, caccia al tesoro nella libreria decitre: indovinare il titolo dalla citazione, con l’indizio del libraio

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la sacra teca della pléiade

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1,46 eventi al giorno in libreria

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creare una casa in libreria: un fiore su un tavolo

in questa piazza assai libresca, in cui trovano posto anche le misteriose éditions baudelaire (solo su appuntamento, recita la targa: che vorrà dire?) troneggia la statua del lionese antoine de saint-exupéry, che ci guarda dall’alto in compagnia del piccolo principe.IMG_20170809_154326_1.jpg

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place bellecour non finisce, ma si trasforma senza soluzione di continuità in place saint-antonin, dove al numero 5 si trova l’expérience, una libreria piena di fascino specializzata in fumetti, che vende anche stampe, action figures e il resto collegato al settore.IMG_20170809_162607.jpg

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il gigantesco bouquet che conclude place saint-antonin e segna il confine simbolico tra la piazza e il fiume rodano

 


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allen e john

oggi ricorre il compleanno di allen ginsberg. tra le altre iniziative per i festeggiamenti, che trovate sul pregevole the allen ginsberg project, una festa di genetliaco vera e propria – howl. a ginsberg birthday party – al fox theatre di boulder, colorado.

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mi piace ricordarlo anche perché alla biennale di venezia sono attualmente in esposizione le opere di john latham, alcune delle quali si distinguono per un utilizzo massiccio di libri:

Nel 1958 è il libro a diventare l’elemento centrale delle sue opere. Se da un lato è segnato dagli autodafé nazisti del 1930, Latham è animato, oltre che da un atteggiamento distruttivo, dalla volontà di saturarsi di materia grigia”. Dopo una prima performance durante la quale dà fuoco all’Encyclopaedia Britannica per poi raccoglierne le ceneri, si sforza di masticare per intero Art and Culture, il saggio di Clement Greenberg punto di riferimento fondamentale del modernismo americano, che poi filtra e distilla in provette. L’utilizzo quasi ossessivo dei libri assume una rilevanza ancora maggiore con la realizzazione dei primi Skoobs, bassorilievi costituiti da libri e proiezioni di gesso nebulizzati di vernice (Untitled Relief Painting).

testo dal catalogo della biennale

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catalogo della mostra, catalogo dei padiglioni e guida breve della biennale arte 2017. editing delle versioni italiana e inglese a cura della vostra anna albano

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qui e oltre, opere di john latham fotografate alla biennale di venezia

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particolare dell’opera qui sopra

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l’11 giugno 1965 latham avrebbe dovuto prendere parte a una performance visiva organizzata in occasione della international poetry incarnation, alla royal albert hall di londra, che prevedeva la recitazione di opere dei poeti beat. per l’occasione l’artista si immerse in un bagno di vernice blu; svenne in conseguenza del freddo, fu portato sul palcoscenico privo di sensi e la performance non ebbe luogo.

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ginsberg però si esibì ampiamente, come si vede nel video qui sotto. a voi, e ben ritrovati.

 


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more postcards from london 6_con aggiornamenti sull’identità di phileas fogg che faranno piacere alle signore

digmr. fogg’s tavern è il posto che mrs. cosedalibri, affezionatissima al giro del mondo in ottanta giorni, non vedeva l’ora di vedere.

davfrequentatissimo come tutti i pub da persone che si riversano sul marciapiede a chiacchierare, è intitolato al celeberrimo protagonista del libro, di cui jules verne traccia il ritratto che segue.

Nell’anno 1872, la casa contraddistinta con il numero 7 in Savile Row, a Burlington Gardens – casa nella quale nel 1814 era morto Sheridan – era abitata dall’egregio signor Phileas Fogg, uno dei membri più singolari e più notati del Club della Riforma di Londra, quantunque egli si studiasse di non fare cosa alcuna che potesse attirare l’attenzione su di lui.

Questo Phileas Fogg, che prendeva il posto di uno dei più grandi oratori che sono l’onore dell’Inghilterra, era un personaggio enigmatico, di cui non si sapeva nulla, se non che egli appariva un fior di galantuomo e uno fra i più bei “gentlemen” dell’alta società inglese. Si diceva che egli somigliasse a Byron – nella testa, perché quanto ai piedi non era possibile metterglielo a confronto –, ma era un Byron con i mustacchi e i favoriti, un Byron impassibile, che avrebbe potuto vivere mill’anni senza invecchiare. Inglese per certo, Phileas Fogg non era forse londinese. Non lo si era mai visto né alla Borsa né alla Banca né in alcun altro ufficio della gran finanza della City londinese. Le darsene del porto di Londra non avevano mai ospitato una nave che avesse per armatore Phileas Fogg. Questo “gentleman” non figurava in alcun consiglio di amministrazione. Il suo nome non era mai risuonato in un collegio di avvocatura, né al Tempio né a Lincoln’s Inn né a Gray’s Inn. Non aveva mai esercitato né alla Corte del Cancelliere, né al Banco della Regina né all’Echiquier né alla Corte ecclesiastica. Non era industriale né negoziante né mercante né agricoltore. Non faceva parte né dell’Istituzione Reale della Gran Bretagna, né dell’Istituzione di Londra, né dell’Istituzione degli Artigiani, né dell’Istituzione Russell, né dell’Istituzione Letteraria dell’Ovest, né dell’Istituzione del Diritto, né di quell’Istituzione delle Arti e delle Scienze riunite, che è posta sotto il diretto patrocinio di Sua Graziosa Maestà. Insomma egli non apparteneva a nessuna delle numerose società che pullulano nella capitale inglese, dalla Società dell’Armonica fino alla Società Entomologica, sorta principalmente con lo scopo di distruggere gli insetti nocivi.

Phileas Fogg era membro del Club della Riforma, ecco tutto. Può stupire che un individuo tanto misterioso figurasse tra i membri di quell’onorevole circolo. Ma va considerato che vi era stato ammesso dietro raccomandazione dei banchieri Fratelli Baring presso i quali aveva un notevolissimo conto aperto: un conto in cui Phileas Fogg risultava invariabilmente creditore, quantunque spiccasse con frequenza grossi mandati a vista che i banchieri Baring pagavano puntualmente. Quest’insieme di cose, come è naturale, gli aveva procurato una profonda stima.

Phileas Fogg era dunque ricco? Senza dubbio. Ma in che modo si era arricchito? Ecco ciò che nemmeno i meglio informati potevano dire; e il signor Fogg era proprio l’ultimo a cui convenisse rivolgersi per saperlo.

Comunque, egli non si mostrava minimamente prodigo; ma neanche avaro. Ogni volta che gli fosse chiesto denaro per un’opera nobile, giusta e generosa, lo dava, senza strombazzamenti o celandosi addirittura dietro l’anonimato.

sdr

sdrho fantasticato moltissimo sui viaggi di phileas fogg e del suo domestico passepartout, da cui è nata la mia passione per i club inglesi, da cui ho appreso che le vedove indiane seguono la sorte dei mariti defunti immolandosi su pire ardenti, e che il macintosh, prima di essere un computer, è una coperta da viaggio.

aggiornamenti sull’identità di phileas fogg che faranno piacere alle signore

phineasfog

phileas fogg visto da fiona staples. courtesy


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Il viaggio in Italia della Deutsche Bank

Aeroplanini, o della leggerezza

“Dedicherò la prima conferenza all’opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza.”

Italo Calvino, Lezioni americane

 

Quando si parla di Germania le immagini stereotipe che vengono alla mente sono in genere scarpe pratiche e robuste, lavatrici solidissime, tecnologia priva di fronzoli. L’Italia è invece fantasia, guizzo risolutivo dell’ultimo minuto, dettagli ricercati se si parla di moda. A prima vista, una strana coppia.

Quando si parla di Deutsche Bank l’oggetto è un gruppo bancario nato in Germania per il quale l’Italia è il secondo mercato in Europa.

Dall’apertura del primo ufficio a Milano – era il 1977 –, il rapporto tra Deutsche Bank e l’Italia è andato sempre più consolidandosi, di pari passo con la collezione d’arte, iniziata in Germania nel 1945 e approdata con alcuni pezzi a formare il nucleo italiano che si è via via arricchito con il contributo di artisti del calibro di Lara Favaretto, Paola Pivi, Alberto Garutti, Roberta Silva, Emilio Vedova, Patrick Tuttofuoco, Luca Vitone, Domenico Mangano, Moira Ricci.

La collezione della Deutsche Bank raccoglie prevalentemente lavori su carta e fotografie. Ha una vocazione contemporanea sin dalla nascita, in linea con l’intento di creare all’interno dell’azienda un ambiente fertile per la discussione, aperto al cambiamento e all’innovazione, portatore di stimoli di bellezza e di pensiero per tutti i soggetti coinvolti nell’attività della banca, dal personale ai clienti. Il gruppo organizza da tempo, nelle proprie diverse sedi, programmi di educazione per adulti e bambini, workshop, mostre in collaborazione con i musei più importanti del mondo. Dal 2012 è partner del MACRO ed è inoltre main sponsor di Frieze Art Fair, tra le più importanti fiere d’arte contemporanee al mondo.

Con la collezione arriva in Italia anche il manifesto del programma artistico di Deutsche Bank, riassunto nelle due parole “Art Works”, che condensano una molteplicità di significati: che stanno per “opere d’arte”, “l’arte funziona”, “l’arte lavora”.

Se l’arte funziona e lavora, l’arte si muove: e quello di Deutsche Bank è in effetti un progetto di arte diffusa e pervasiva, pensata non per decorare pareti ma per dialogare con i volumi e i criteri che informano gli edifici in cui è ospitata, per stimolare il pensiero e le idee di chi la osserva, per travalicare i confini stabiliti alla ricerca del nuovo, per entrare in rapporto profondo con il pubblico.

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Alberto Garutti, Cosa succede nelle stanze quando gli uomini se ne vanno? Opera dedicata a tutti coloro che qui si incontreranno, 2007. Nel volume Images of Italy. Deutsche Bank Collection, edito da Skira nel 2016, si trovano riprodotte le seicento opere dell’intera collezione, tute dedicate all’Italia. Qui trovate un’intervista a Franziska Kunz, a capo del dipartimento dell’arte della banca.

Deutsche Bank Collection Italy è stata inaugurata nel 2007; le opere che la compongono sono conservate a Milano nel palazzo della Direzione Generale a Milano Bicocca e nella sede di via Turati 27, a Roma nella sede di piazza Santi Apostoli. Nella sede di Bicocca fotografie, acquarelli, collages sono ordinati in modo da entrare in rapporto con l’avveniristico edificio concepito da Gino Valle, ricco di trasparenze e di respiro. In questo Italienische Reise gli artisti contemporanei più significativi convivono con i giovani emergenti, bacino di innovazione nel quale Deutsche Bank pesca con lungimiranza e gusto. Così alle immagini architettoniche di Günther Förg risponde l’architettura industriale di Gabriele Basilico, mentre l’Italia fluttuante sul mare di Luca Vitone fa da contrappunto alle ambientazioni metropolitane, delicatamente realistiche, di Ina Weber.

Opere prevalentemente su carta, si diceva poc’anzi. La carta è un materiale leggero che può accogliere concetti complessi, è aquilone e lavagna al tempo stesso. Un materiale che si muove facilmente.

Ed è a questo punto che entrano in scena gli aeroplanini: perché queste opere di carta sono mobili e leggere, come quegli impalpabili velivoli costruiti con la carta per giocare. La collezione Deutsche Bank è sostenuta dalla stessa passione di un bambino alle prese con il volo della sua opera ingegneristica in miniatura. La sostanza della passione è il fuoco, e il fuoco spinge in alto.


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