cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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un post licenzioso_tom of finland

tom of finland. courtesy

non c’è un’occasione particolare per la pubblicazione di questo post (il centenario dalla nascita cadeva a maggio di quest’anno), se non che i disegni di tom of finland mi piacciono molto. mi piace quel miscuglio di desiderio e sfrontatezza, quell’allegria non di naufragi (ma qualche marinaio c’è) dei ragazzoni glassati di touko.

disegni così precisamente torniti, in cui tom of finland dispiega un’esattezza sensuale: turgori così vividamente frementi nella loro immobilità, fasciati all’interno di pantaloni-guanti, da comunicare una sensazione postorgasmica, come quando l’orgasmo è stato perfetto e induce la sensazione di essere venuti al mondo solo per mangiare e copulare. quei turgori, di qualunque orientamento sessuale si sia, invitano al tocco, a una gioiosa manipolazione, e lo stesso si può dire di quei pettorali sviluppati quasi come seni femminili.

scrivono tom+lorenzo sul loro sito:

“Touko Laaksonen, il leggendario artista erotico gay finlandese del Novecento, è nato un secolo fa, il che rende questo un momento perfetto per riflettere su ciò che ha realmente dato alla comunità maschile gay. Non era solo materiale da sculacciate. Era uno scorcio di un mondo che gli uomini gay della metà del XX secolo potevano solo sognare; un mondo in cui erano liberi. […]

Gli uomini di Tom non erano solo estreme rappresentazioni di motivi sessuali maschili che mettevano in scena i loro desideri apertamente in un mondo che sembrava essere per loro un parco giochi in cui tutto era permesso; erano anche gioiosamente, ridicolmente felici nella loro sfrenata gaiezza.”

murray clark, su “esquire”, riflette su una sorta di restituzione della virilità ai maschi gay da parte di tom:

“Erano uomini giovani e attraenti, così muscolosi e cesellati da essere a malapena contenuti nella loro uniforme da manovali, mani grosse e carnose saldamente piantate su schiene sottili, tra gli altri posti. […]

‘L’immagine degli uomini gay che dominava la rappresentazione mainstream in questo periodo era la “checca” o la “femminuccia”’, dice Bengry [Justin Bengry, docente di Storia Queer al Goldsmiths’ Centre for Queer History dell’Università di Londra]. ‘Era oggetto di scherno e derisione, un esempio fallito di mascolinità. L’arte di Tom of Finland ha dimostrato che gli uomini che desideravano altri uomini potevano essere maschili, virili e potenti – una risposta a una cultura che spessissimo diceva agli uomini gay che non avrebbero mai potuto essere “veri uomini”’.

scoperta la sua vocazione e intrapreso il percorso di disegnatore, touko laaksonen fu per lungo tempo costretto a nascondere le proprie opere nel suo stesso paese:

“Nel Regno Unito il sesso tra uomini è stato parzialmente depenalizzato cinquant’anni fa, in Finlandia ci è voluto fino al 1971. E fino a poco tempo fa i finlandesi non erano abbastanza pronti da poter riconoscere apertamente nel proprio paese uno degli artisti più famosi che avessero esportato. Nel 2014 hanno messo le sue immagini inconfondibilmente erotiche su un set di francobolli; quest’anno, un biopic [su Tom] è diventato un successo di pubblico nei multisala della nazione. Quasi cent’anni dopo la sua nascita nella città di Kaarina, Tom di Finlandia è tornato a casa. […]

Il vero nome di Tom era Touko Laaksonen. Di giorno era direttore artistico senior dell’agenzia pubblicitaria McCann Erickson. Nel tempo libero, però, traduceva in disegni le sue fantasie sessuali – motociclisti e boscaioli, montanari e poliziotti che si davano da fare nelle foreste, nelle prigioni e nei parchi, un sorriso sui loro volti grandi quasi quanto i loro peni enormemente tumescenti. Inizialmente pubblicati su riviste americane di protoporno gay come ‘Physique Pictorial’, i disegni sono stati diffusi in tutto il mondo nei grandi magazzini, nei sexy shop o nei leather bar attraverso un sottobosco internazionale di fan, nonostante le leggi contro la distribuzione di materiale così esplicito.”

così quello che ai suoi esordi era una sorta di reietto obbligato a nascondersi e a distruggere la sua opera è diventato una star nazionale e internazionale: a lui si sono ispirati stilisti, i suoi disegni campeggiano su bottiglie di vodka, lenzuola, berretti e ogni sorta di merchandising. il profumiere di nicchia état libre d’orange, di cui avevamo già parlato qui, gli ha dedicato una fragranza. a helsinki si può fare la tom of finland experience. e per chi vuole rilassarsi sferruzzando capi tom of finland dopo una dura giornata di lavoro, esistono istruzioni disponibili qui.

ancora, su tom, un articolo su “esquire” italiano.

sì. sono dediti alla caccia umana urbana, amano la carne maschile e non ne fanno mistero. ma i ragazzi di tom a volte leggono pure.

p.s.: ho trovato in rete le immagini che pubblico. chiedo perdono alla tom of finland foundation se ho infranto qualche copyright. fatemi sapere se devo toglierle.


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manine operose sulla “biblioteca di via senato”

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è disponibile per il download, sul sito della biblioteca di via senato, il numero di giugno dell’omonimo mensile. a pagina 27 si trova l’ameno contributo di sandro montalto sui protopost-it, le maniculae, manine con l’indice in fuori disegnate sui margini dei libri per evidenziare contenuti specifici, che mrs. cosedalibri raccomanda di non perdere. ne pubblichiamo un estrattino, antipasto di puro diletto.

“[…] Può capitare, sfogliando un volume antico, di imbattersi in una manina (tecnicamente manicula, o anche ‘manine di attenzione’) manoscritta nei margini (questa terra di nessuno sempre ricca di messaggi ora evidenti ora misteriosi) che indica un certo passaggio. Talvolta stilizzata e tracciata forse con una certa fretta, talaltra disegnata con cura, questa manina era un segno utilizzato nell’Europa medioevale e rinascimentale per evidenziare un passaggio del testo. Per molto tempo considerati segnali di scarsa importanza, di recente queste espressioni grafiche hanno attirato l’attenzione dei filologi testuali e si sono spesso rivelate indizi preziosi. […]

Difficile determinare quando sia nato questo uso, ma sappiamo che la diffusione delle maniculae è iniziata nel XII secolo (le prime tracce si trovano in manoscritti spagnoli), che divennero più comuni dal XIV secolo, e che l’uso si è protratto in maniera significativa fino al secolo XVIII.

È curioso osservare come ogni lettore personalizzava la sua manina: alcune sono decorate, altre hanno dita lunghissime (spesso l’indice, a volte tutte), altre ancora sono quasi ossute o cicciotte; alcune hanno anelli o braccialetti, altre (quasi tutte) no, qualcuna ha le unghie; in alcuni casi possono essere molto elaborate (mani che escono da anfore o dal becco di uccelli, o anche essere raffigurate insieme all’intera figura umana) e talvolta sono state disegnate, non si sa se per divertimento, a partire da un braccio che sembra orientato dalla parte opposta; in certi casi sono accompagnate da piccole annotazioni (come ‘nota’, oppure ‘no’ quando il lettore si fosse trovato in disaccordo o avesse trovato errori nella composizione della pagina); in altri casi ancora – molto più rari – il lettore ha usato una manina per portare convintamente l’attenzione non su parte del testo ma sulla propria osservazione manoscritta a margine, e in rarissimi ma curiosi casi le dita sembrano tramutarsi in veri e propri tentacoli per evidenziare passaggi distanti fra loro (come avviene in una copia del Paradoxa stoicorum di Cicerone conservata presso la Bancroft Library). […]

Maniculae se ne trovano ovunque: molte ne usava John Dee (affascinante figura di bibliofilo, matematico, geografo, astronomo e astrologo inglese), che ne ha disegnate (decisamente semplici) nei libri della sua grande biblioteca e anche nell’inventario dei propri libri che aveva preparato nel 1583 (Catalogue of Dr Dee’s Library, Trinity College, Cambridge, O.4.20); diverse furono disegnate, talvolta nel suo caratteristico enfatico inchiostro rosso, da Matthew Parker, arcivescovo di Canterbury, teologo e collezionista (la sua biblioteca divenne uno dei nuclei originari della biblioteca del Corpus Christi College, a Cambridge). Ma sono solo due fra mille lettori, spesso anonimi. Due illustri autori della nostra letteratura che hanno lasciato alcune maniculae autografe sono Boccaccio, le cui molte manine avevano l’indice lunghissimo e, solitamente, un polsino con i bottoni (si rivela un buon disegnatore), e Petrarca che pur essendo un buon calligrafo non disegnava quasi mai manine realistiche e accurate.”

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qui il sommario della rivista:

Uomini e Libri

GIAMPIERO MUGHINI:

L’HOMME À PAPIER

di Massimo Gatta

Sicilia

PIETRO DA EBOLI E IL SUO

‘INNO’ ALL’IMPERATORE

di Nino Insinga

Libri

BREVE STORIA DI

UN SEGNO D’ATTENZIONE

di Sandro Montalto

Bibliofilia

LA LEGENDA AUREA

DI JACOPO DA VARAZZE

di Giancarlo Petrella

Editoria

LA LUMACAGOLOSA

DI DANIELE FERRONI

di Antonio Castronuovo

Scrittori

IMMAGINI, PAROLE E

VISIONI DELLA RECHERCHE

di Giuseppe Scaraffia

BvS: Archivio Malaparte

MALAPARTE E LA FINE

DE IL SOLE È CIECO

(prima parte)

di Deborah Terzolo

IN DODICESIMO – Le rubriche

LO SCAFFALE DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO DEL MESE –

RIFLESSIONI E

INTERPRETAZIONI –

L’OZIO DEL BIBLIOFILO –

IL LIBRO D’ARTE

di Giancarlo Petrella, Mario Bernardi

Guardi, Carlo Sburlati, Antonio

Castronuovo e Luca Pietro Nicoletti

 

chi fosse interessato a un altro articolo sulle maniculae può consultare “rivista studio”, qui.


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una poesia d’amore sulla schiena

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è agosto e a milano il caldo morde ancora. è tempo di starsene a letto o sul divano, tapparelle semiabbassate, a dormicchiare o creare. charles simić ama creare così, come una messe di suoi predecessori. ascoltiamolo da un articolo della “repubblica” pubblicato qualche anno fa. e leggiamo la poesia di andré breton (ascoltiamola anche dalla voce del suo autore) citata nel testo, antidoto contro la misère du monde.

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andré breton. courtesy

“Tutti gli scrittori hanno i loro piccoli ‘trucchi’ del mestiere. Il mio è che scrivo a letto. ‘Sai che roba!’, penserete voi: lo facevano anche Mark Twain, James Joyce, Marcel Proust, Truman Capote e tanti altri. Vladimir Nabokov teneva persino delle schede sotto il cuscino, per quelle notti in cui non aveva sonno e aveva voglia di scrivere. Però, non ho mai sentito di altri poeti che scrivessero a letto, anche se non mi viene in mente nulla di più naturale di scribacchiare con la biro una poesia d’amore sulla schiena della persona amata. Certo pare che Edith Sitwell di solito dormisse in una bara per prepararsi all’ orrore ben più grande di trovarsi di fronte la pagina bianca. Robert Lowell scriveva steso sul pavimento, o almeno così ho letto da qualche parte. L’ho fatto anch’io, qualche volta, ma preferisco il materasso e, stranamente, non sono mai stato tentato dal divano, dalla chaise longue, dalla sedia a dondolo o da altre varietà di sedute confortevoli. ‘La poesia si fa a letto, come l’amore’, scriveva André Breton in una delle sue poesie surrealiste. Ero molto giovane quando la lessi e ne rimasi incantato. Confermava la mia esperienza personale. Quando mi si accende il desiderio di scrivere, non ho scelta: devo continuare a starmene steso o, se ho lasciato la posizione orizzontale qualche ora prima, devo tornare di corsa a letto. Che ci sia silenzio o rumore non mi cambia nulla. Negli alberghi appendo fuori dalla porta il cartellino ‘Non disturbare’ per tenere lontane le cameriere che aspettano di pulirmi la stanza. Devo dire, con un certo imbarazzo, che rinuncio spesso a fare il giro dei monumenti e dei musei per rimanere a letto a scrivere. […]”

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grandangolo_la realtà di ezra tra rappresentazione e iconoclastia

“più in generale, dal punto di vista del pensiero ebraico e dell’atteggiamento che l’artista assume di fronte alla sua opera, si può ancora aggiungere che i maestri hanno guardato con riserva la stessa arte, in quanto l’artista con la sua creatività tende a sentirsi e quasi a sostituirsi a dio.”

scialom bahbout, L’arte nella normativa ebraica, la halakhà, in morasha.it, sezione zehùt

sta simbolicamente qui, nella “riserva” ebraica nei confronti dell’arte, una delle ragioni del titolo di grandangolo, bildungsroman di simone somekh che racconta la parabola di crescita di un giovane ebreo nato nei dintorni di boston in una famiglia di strettissima osservanza – con genitori che “non erano nati né cresciuti religiosi”, ortodossi per scelta tardiva, sempre desiderosi di essere accettati da un ambiente che continua a guardarli con qualche sospetto –, dalla quale a un certo punto della adolescenza si sente soffocato. espulso per aver fotografato una compagna di scuola nel bagno, sceglie non senza difficoltà, aiutato da una zia libera pensatrice, di continuare gli studi in una scuola più liberale. la ribellione di ezra kramer si sostanzia di un lavoro sulle immagini, quelle che scatta con l’adorato apparecchio che ha chiesto in regalo per il suo compleanno, producendo iconografia a mano a mano che in lui si produce l’insurrezione nei confronti dell’autorità. e non è un caso che, come vedremo più avanti, uno degli atti che sanciscono il suo percorso verso la maturità abbia il sapore dell’iconoclastia.

a una domanda sulle donne della sua comunità posta da uno dei nuovi compagni, in piena, dolente riflessione sul suo humus di provenienza, risponde “‘perché, gli uomini haredi possono prendere delle decisioni? […] mi pare che anche loro sappiano fin da piccoli che devono sposarsi e fare figli, e che quella sarà la loro vita’. le donne erano tanto prigioniere del mio mondo quanto lo erano gli uomini.”

e ancora, mentre si dibatte nella contraddizione tra il desiderio di andare e il senso di colpa e di straniamento che avverte a questa idea, “d’un tratto mi resi conto di quanto dovevo sembrare strano visto da fuori: criticavo, ma restavo sempre aggrappato a ciò che mi era stato insegnato da piccolo. pensai che non avrei mai avuto il coraggio di lasciare la mia comunità: l’appartenenza a quel mondo mi scorreva nelle vene. scappare equivaleva a tagliarsele, una ad una, fino a morire dissanguato.”

grandangolo affronta una serie di temi assai dibattuti in ambito ebraico, quali l’esistenza di interpretazioni più o meno rigide dell’ortodossia, la gestione del libero arbitrio, il valore dell’esperienza, l’omosessualità. alla fine ezra vede la propria ribellione stemperarsi di fronte a una normalità professionale fatta anche di compromessi, e decide di andare ad affogare la propria delusione a tel aviv: dove crede di vedere carmi – approdato dai kramer come conseguenza dell’affidamento a diverse famiglie dei numerosi figli della famiglia taub alla morte della madre –, di cui aveva perso le tracce dopo essersi trasferito a new york e per la cui sorte aveva temuto. è un attimo, ma ezra è convinto di averlo visto per davvero; e ricostruendo sguardi e segni cui non aveva dato peso durante il suo breve ritorno a boston per il funerale di sua zia, si rende conto che non può essere stato che il rabbino hirsch, con una decisione ipocrita quanto provvidenziale, a finanziare la fuga dell’amico scopertosi omosessuale da una comunità che gli sarebbe stata ostile per sempre.

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l’attivista transgender abby stein fotografata da benyamin reich, che condivide con il protagonista di grandangolo la passione per la fotografia. anche la sua è una storia interessante

fin qui tutto bene, epperò: un autore di ventun anni (tanti ne aveva somekh all’epoca della stesura del libro) sottopone alla redazione di giuntina un manoscritto tanto interessante quanto tecnicamente acerbo; nel quale, in preda a una legittima ansia di mettere sul piatto istanze e questioni, lo stesso autore spesso fa parlare i suoi personaggi con registri un poco inadeguati. un esempio per tutti, la scena di sensualità ancora innocente in cui il poco più che bambino carmi dialoga con ezra in maniera un po’ troppo forbita, mostrando una capacità di approfondimento forse eccessiva per un ragazzo che non si è mai allontanato dal proprio ambiente: “carmi si distese sul mio letto, accanto a me, e mi strinse forte la spalla. ‘la tua opinione per me conta. la verità però è che sono terrorizzati. hanno così tanta paura di tradire la fede che preferiscono estremizzare ogni azione, devono essere certi di metterla in pratica nel modo più corretto’”. fa sorridere, poi, il commento del newyorkese travon quando vede la manipolazione creativa su alcune immagini di steven meisel fatta da ezra su una rivista (l’atto di iconoclastia cui si faceva cenno più sopra): “‘wow’, esclamò, ‘tanta roba’”, dove quel “tanta roba” sembra una maldestra traduzione dall’inglese in italiano di una locuzione giovanile. così come quando il coinquilino coreano di ezra dice “‘scusate, potete fare silenzio? sono in mezzo a una videoconferenza con seul’”: quella trasposizione senza mediazione dall’inglese “i’m in the middle of” dà conto dell’ambiente internazionale in cui si muove somekh, che probabilmente condiziona il suo italiano, ma anche dell’intervento insufficiente dell’editor sul manoscritto. se c’è un elemento negativo di questo libro, è la poca cura editoriale: si percepisce che il manoscritto è rimasto tale e quale a come è stato consegnato, con tutte le sue ingenuità. e invece i manoscritti dei giovani autori hanno bisogno di attenzione.

9788880577058_0_0_0_75simone somekh, grandangolo, giuntina, firenze 2017, 174 pagine, 15 euro


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la letteratura non ha generi ma contenuti

espresso.repubblica.it:

courtesy

“Diciamo che ci sono uomini e donne che scrivono, e che il carattere e la natura di ciascuno passano dentro la pagina.”

luca doninelli lo dice benissimo, in questo articolo nella sezione cultura del “giornale”.

e un paio d’anni fa antonio monda chiedeva a elizabeth strout (qui il post che lo segnala su “cose da libri”, ma il titolo di mrs. cosedalibri è meno elegante di quello di luca doninelli):

Esiste una scrittura squisitamente femminile?
“Molti non saranno d’accordo, ma io non penso affatto che sia così: un autore, maschio o femmina, quando è grande, è in grado di raccontare anche l’altro sesso. Io penso che le pagine di Alice Munro o Margaret Atwood siano semplicemente alta letteratura, e non parlerei di letteratura femminile “.

Direbbe lo stesso di Jane Austen?
“Riconosco che lei è forse un’eccezione: nel suo caso si sente in maniera prepotente lo sguardo femminile. Ma anche in quel caso vedo prima la grandissima autrice, poi il sesso”.

mi piacerebbe conoscere il parere dei lettori, maschi e femmine: esiste una scrittura “al femminile”?


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spremuta a colazione_la rassegna stampa di giorgio dell’arti

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si chiama “anteprima – stamattina • ŸoggiŸ • domani” ed è la neonata rassegna stampa di giorgio dell’arti, il giornalista fondatore del “venerdì” della “repubblica”, autore del catalogo dei viventi e direttore di cinquantamila, sito dedicato alla storia del “corriere della sera”.

l’autore l’ha annunciata su facebook, molto sobriamente, così: “Da una settimana scrivo per l’Agenzia Italia una rubrica che contiene: rassegna stampa, eventi del giorno, compleanni e anniversari. È pronta alle sette e mezzo di mattina. Se qualcuno vuole riceverla via mail può mandarmi il suo indirizzo di posta elettronica a gda@vespina.com. Poi fatemi sapere che ve ne pare. Grazie”.

mrs. cosedalibri ha aderito di recente e ne è entusiasta. la “spremuta” di informazioni, come lo stesso dell’arti la definisce, è fatta con grande competenza: è una selezione di notizie curate e presentate con chiarezza, a cominciare dall’impaginazione che più essenziale non si può.

si comincia dalla prima pagina del giorno, nella sezione “stamattina”, un collage ragionato dai quotidiani che in pochi minuti di lettura restituisce un quadro esauriente delle notizie principali; a seguire una serie di argomenti introdotti da una parola, ad esempio “Pane – Il settore del pane vale 7 miliardi di euro, conta 25mila imprese – soprattutto a conduzione familiare, che mediamente sfornano cento chili di pane al giorno ciascuna e danno lavoro a 400mila persone”.

in “oggi” troviamo il meteo, i funerali (ma belli: onorano con partecipazione anche le persone comuni: “Nel cimitero di Castelguglielmo (Rovigo) ultimo addio a Francesco C., un uomo morto solo in casa sua, ritrovato cadavere dopo giorni. Il padre è venuto a mancare qualche anno fa, la madre di recente, non aveva parenti né altri legami. Non aveva un posto fisso e neanche l’auto. Ogni tanto lo si vedeva, per le vie della città, pedalare in bicicletta. Per lui nessun funerale, solo l’inumazione nel campo santo del paese. Aveva 44 anni”), i processi, gli esteri, l’agenda politica – ci sono anche tutte le notizie sulla campagna elettorale dei partiti, questi ultimi in ordine alfabetico –, la cultura, la televisione; non mancano i santi e il vangelo.

nel “domani” c’è una sezione molto ricca di compleanni, e poi, utile e interessante, una scelta di avvenimenti verificatisi dieci, venticinque, quaranta e ottant’anni fa.

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giorgio dell’arti. courtesy

nei testi scritti da dell’arti medesimo (quelli che non trascrive dai giornali, per intenderci), per raccontare ad esempio fatti di cronaca, troviamo un meraviglioso uso del passato remoto che in qualche modo storicizza immediatamente gli accadimenti e lascia il lettore immerso in un paradosso, in un ossimoro straniante: il presente quasi non esiste più, e l’effetto è quasi un lenimento indotto dalla sensazione di distanza. un esempio dalla sezione “delitti e suicidi” del 14 febbraio, dove si raccontano con delicatezza un femminicidio e un omicidio:

“Francesca Citi, di anni 45, ‘amabile, squisita, attenta al lavoro’, ex moglie di un Massimiliano Bagnoli, di anni 45 pure lui. Questo Bagnoli ieri mattina la raggiunse nello studio dentistico dove lavorava come assistente, lei continuò a dirgli che era finita e lui le diede dieci coltellate, in corpo e in gola. Subito dopo andò in bagno, chiuse a chiave la porta, e con la stessa lama si segò le vene. Insopportabile che si fosse trovata un nuovo compagno, fino a novembre era stato ai domiciliari per stalking, e continuava ad aggirarsi intorno alla casa dove Francesca viveva con le loro bambine, i carabinieri l’avevano saputo dai vicini ma lei non aveva voluto denunciare di nuovo l’ex per non turbare le figlie; la Citi nell’appartamento era sola perché il dentista il martedì non lavora (ieri mattina in uno studio dentistico in piazza Attias, Livorno).”

“Vincenzo Crisponi, di anni 56, tossico, se ne stava seduto sulla panchina, e arrivarono due e l’ammazzarono a forza di calci e pugni (ieri alle cinque del pomeriggio, parco giochi Liori, via Satta, centro di Capoterra, provincia di Cagliari).”

trovo che questa pubblicazione sia molto utile e ne apprezzo molto la forma. provatela qui.


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il desiderio di trovare felicità

quello che trascrivo qui sotto è un brano da borges letto, straletto, stracitato, uno di quei testi che a furia di vederlo spesso si rischia di non leggere con attenzione e che perda il suo significato, come un fidanzato decennale. epperò quello che borges dice sul libro e sulla creatività del suo uso, sulla sua multiformità, sulla sua natura sempre vergine, be’, è ancora tutto vero.

“Tra i diversi strumenti dell’uomo, il più stupefacente è, senza dubbio, il libro. Gli altri sono estensioni del suo corpo. Il microscopio, il telescopio, sono estensioni della sua vista; il telefono è estensione della voce; poi ci sono l’aratro e la spada, estensioni del suo braccio. Ma il libro è un’altra cosa: il libro è un’estensione della memoria e dell’immaginazione. […] Eraclito disse (l’ho ripetuto tante e tante volte) che nessuno scende due volte lungo lo stesso fiume. Nessuno scende lungo lo stesso fiume perché le acque mutano, ma la cosa più terribile è che noi non siamo meno fluidi del fiume. Ogni volta che leggiamo un libro, il libro è mutato, la connotazione delle parole è diversa. Inoltre, i libri sono carichi di passato. Ho parlato contro la critica ed ora mi smentirò (ma che importa smentirmi?). Amleto non era esattamente l’Amleto che Shakespeare concepì agli inizi del secolo XVII, Amleto è l’Amleto di Coleridge, di Goethe e di Bradley. Amleto è stato fatto rinascere. Lo stesso succede col Chisciotte. I lettori hanno arricchito il libro. Se leggiamo un libro antico è come se leggessimo tutto il tempo che è trascorso dal giorno in cui è stato scritto per noi. Per questo è bene mantenere il culto del libro. Il libro può essere pieno di errori di stampa, possiamo non essere d’accordo con le opinioni dell’autore, ma serba sempre qualcosa di sacro, qualcosa di divino, non con rispetto superstizioso, ma col desiderio di trovare felicità, di trovare saggezza. Questo è quanto intendevo dirvi oggi.”

Jorge Luis Borges, Oral, traduzione di A. Morino, Editori Riuniti, Roma 1981


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bella, buona e gratuita_la rassegna stampa di oblique

Girl-reading-book-very-nice-imagela meritoria rassegna stampa di oblique, quella di novembre, si può prelevare gratuitamente qui in formato pdf: settantasei pagine dedicate a letteratura, lettura e scrittura. qui sotto ne pubblichiamo il sommario: quelli in blu sono gli articoli preferiti da mrs. cosedalibri. buona lettura.

Il decalogo del metallaro

  • Elia Pasini, Duri a morire: i metallari di oggi. Un ottalogo 3

Gli articoli del mese

# Nel nome di Eco

Sara Chiapponi, .la Repubblica., primo novembre 2017

# Calasso: «Per colpa delle immagini abbiamo perso il senso delle parole».

Tishani Doshi, .Sette. del .Corriere della Sera., 2 novembre 2017

# Come nasce un classico

Marco Belpoliti, .Robinson. di .la Repubblica., 5 novembre 2017

# «Prof, sei proprio un bufu!» Breve viaggio attorno al linguaggio giovanile

Rossano Astremo, .minima&moralia., 7 novembre 2017

# Lo spaghetti fantasy conquista il mondo

Claudia Morgoglione, .la Repubblica., 8 novembre 2017

# Non letti o antologizzati, eterni o bistrattati. Comunque classici

Roberto Cicala, .Avvenire., 9 novembre 2017

# Szymborska. L’amore è poesia pop

Renato Minore, .Il Messaggero., 10 novembre 2017

# Quanto costa Capote? Tanto, e pure Mailer…

Matteo Persivale, .la Lettura. del .Corriere della Sera., 12 novembre 2017

# L’altro processo a luci rosse che travolse Hollywood

Letizia Muratori, .Studio., 16 novembre 2017

# Lo zen e l’arte di fare le cose con le mani

Irene Soave, .Sette. del .Corriere della Sera., 16 novembre 2017

# Sfumature di fanfiction

Chiara Papaccio, .Amica., novembre 2017

# Sussidiari. Bando agli stereotipi

Viviana Daloiso, .Avvenire., 21 novembre 2017

# Franzen: «DeLillo lo sa: ho copiato».

Antonio Monda, .la Repubblica., 22 novembre 2017

# I liceali alla prova del dizionario. «Tangentopoli», che vuol dire?

Simone Mosca, .la Repubblica., 23 novembre 2017

# La letteratura può raccontare internet?

Cristiano de Majo, .Studio., 24 novembre 2017

# Le parole che usiamo veramente

Lorenzo Tomasin, .Domenica. di .Il Sole 24 Ore., 26 novembre 2017

# Eugenio Baroncelli

Antonio Gnoli, .Robinson. di .la Repubblica., 26 novembre 2017

# Il libro colpisce ancora

Simonetta Fiori, .la Repubblica., 29 novembre 2017

Gli sfuggiti

# «Via col vento» non finisce mai: Margaret Mitchell una di noi

Karin Slaughter, .la Lettura. del .Corriere della Sera., 8 ottobre 2017

L’intervista allo scrittore

  • Simone Lenzi

L’intervista al libraio

  • Alessandro Alessandroni ∙ Altroquando ∙ Roma


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giornali

IMG_20170822_123938_1.jpgquesto è un lettore di giornali, fatto di giornali, seduto su una poltrona di giornali, illuminato da una lampada di giornali, che sta, immeritatamente nascosto, alla destra dell’entrata a destra alla biblioteca sormani. si chiama la lettura del giornale ed è un’installazione ideata da ugo la pietra in occasione della mostra “dai giornali ai portali”, tenutasi a milano, palazzo della ragione, nel 2001.


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l’ombra lunga di gustave_come nascono i discorsi di emmanuel macron

 

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emmanuel macron. courtesy

in un bellissimo articolo di mauro zanon, pubblicato sul “foglio” del 14 ottobre scorso, si traccia il profilo di sylvain fort, il consigliere responsabile dei “discorsi e della memoria” di emmanuel macron.

 

 

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sylvain fort. courtesy

dopo aver dichiarato gli intenti della comunicazione della république – che propugna fondamentalmente una visione dinamica rispetto alla democrazia, da non considerare come bene acquisito una volta per tutte, e rispetto all’identità nazionale, da continuare a costruire riprendendo lo spirito dei lumi e la fiducia nell’europa.

 

“prima di scrivere i discorsi di macron e tessere il nuovo romanzo nazionale francese, sylvain fort, quarantacinque anni, è stato studente dell’école normale supérieure, professore di lettere classiche all’università paris IV e sciences po, traduttore di friedrich schiller, biografo di puccini e herbert von karajan – un homme de lettres attivissimo che durante la campagna presidenziale ha trovato anche il tempo per pubblicare un vivace libretto su antoine de saint-exupéry”, scrive zanon. intervistato dallo stesso, sylvain fort dichiara che “il discorso è diventato per il presidente il suo modo di esprimersi privilegiato. […] la sua volontà è quella di far passare un messaggio chiaro, netto, comprensibile, e di sfuggire alle frasette, agli off the record selvaggi alle confidenze strappate durante una cena. è una parola voluta, e non subìta. […] in tutti i discorsi non spieghiamo soltanto cosa vogliamo fare, ma anche perché. spieghiamo la coerenza tra quello che è annunciato e l’interesse nazionale. [macron, in quanto presidente] non entra nel microdettaglio tecnico, ma dà ogni volta una dinamica, una direzione generale all’azione politica, che soggiace a ciò che sta dicendo”.

 

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andré malraux. courtesy

ma quello a cui è interessato “cose da libri” è il fondamento culturale, nella fattispecie letterario, che informa l’ideazione e la redazione dei discorsi del giovane emmanuel: “il fil rouge della cultura è anch’esso molto presente nei discorsi di macron, una tradizione che rifà a malraux”. lo scrittore andré malraux istituì il ministero della cultura in francia e scrisse il primo articolo del decreto che lo sanciva: “Il Ministero incaricato degli Affari Culturali ha come missione di rendere accessibili le opere capitali dell’umanità, e ancor prima della Francia; di assicurare la più vasta diffusione del suo patrimonio culturale; di favorire la creazione delle opere dell’arte e dello spirito che lo arricchiscono”.

 

così prosegue l’articolo: “oltre a fort, altri membri della staff del presidente francese hanno dimostrato di avere una vocazione letteraria, oltre che politica. come il giovanissimo quentin lafay, ventisette anni, che oltre a collaborare alla stesura dei discorsi durante i meeting in campagna, ha anche pubblicato un romanzo, la place forte (gallimard). ‘macron ama riunire attorno a sé persone che hanno una certa capacità di enunciazione, persone che non esitano a teorizzare, a concettualizzare, e che hanno bisogno del linguaggio, dunque dei letterati’, dice fort. ‘è attento al fatto che si debbano esprimere le cose nella loro complessità, e che si debba evitare, per assenza di vocabolario o di cultura, di semplificare troppo, di utilizzare un linguaggio semplicistico. […] non rinuncia mai alla precisione delle parole. è convinto del fatto che esprimere le cose con le parole giuste è già un passo importante verso l’azione. se si ha un lessico povero, si ha anche una visione del mondo povera.”

 

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gustave flaubert. courtesy

e adesso sentite gustave: “questa cura della bellezza esteriore che mi rimproverate è per me un metodo. quando trovo una brutta assonanza o una ripetizione in una delle mie frasi, sono sicuro che sto sguazzando nel falso”.
 è quella “tensione flaubertiana verso l’impeccabilità” di cui parla alessandro piperno in un suo bell’articolo sul club della lettura del “corriere della sera”, in cui discetta di stile e mette flaubert al primo posto tra coloro i quali più si sono spesi alla sua ricerca. e allora come possiamo concludere? con la parola continuità. piccardo l’uno, emmanuel macron, e normanno l’altro, gustave flaubert: nati a un centinaio di chilometri l’uno dall’altro, entrambi sotto il segno del sagittario: vive la france.

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eugène delacroix, la liberté guidant le peuple. courtesy