cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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la cina è più vicina_in viaggio con qianlong

“L’imperatore Qianlong della dinastia Qing compì sei viaggi di ispezione nelle regioni meridionali, rispettivamente nel 1751 (sedicesimo anno del suo regno), 1757 (ventiduesimo anno), 1762 (ventisettesimo anno), 1765 (trentesimo anno), 1780 (quarantesimo anno) e 1784 (quarantanovesimo anno). Durante questo periodo, Qianlong commissionò al pittore di corte Xu Yang la realizzazione di un enorme rotolo disteso di contenuto storico che desse conto del primo viaggio al sud, nelle province di Jiangsu e Zhejiang. Il dipinto, intitolato Il viaggio dell’imperatore Qianlong nelle terre meridionali, doveva riprendere i temi principali da dodici poesie composte dall’imperatore durante il primo viaggio. […]

La pittura classica cinese unisce le caratteristiche artistiche della poesia, della calligrafia, della pittura e dei sigilli. Gli esperti promuovevano la ‘pittura nella poesia’ e la ‘poesia nella pittura’: l’espressione poetica nei dipinti e il pittoresco nella poesia. In questo modo combinavano gli aspetti più interessanti della pittura con il fascino implicito della rima e del suono della poesia.

Il Viaggio dell’imperatore Qianlong nelle terre meridionali utilizza come temi dodici poesie dell’imperatore, a guisa di argomenti per un saggio: il dipinto doveva aderire all’idea dell’imperatore come sovrano supremo, con Xu Yang come ministro; doveva trasmettere l’emozione della poesia come dipinto, pur rimanendo in linea con le preferenze estetiche dell’imperatore; e cercava di sottolineare le idee centrali implicite nella poesia di Qianlong, di recepire gli scopi politici del suo viaggio nel sud e di esporre le sue strategie di governo, plasmando così l’immagine di Qianlong come sovrano divino e re saggio.”

ho cominciato a lavorare alla traduzione di questo libro per conto di Rizzoli a febbraio scorso. un testo denso di informazioni da verificare, di diverse espressioni da rendere palatabili per il lettore italiano, di ricerche da compiere. Ho seguito Qianlong, l’imperatore poeta e artista, partendo da Pechino, attraversando il Fiume Giallo e ritornando al punto di partenza, fra templi, case da tè e placidi laghi. Ho visitato botteghe in cui si vendevano pregiata carta di Xuan (xuanzhi), oggetti di cartoleria (jian), modelli per calligrafia (tie), damasco di seta (ling), seta greggia (juan) e carta da ventaglio (shanzhi). E sono tornata dal mio viaggio più sapiente.

“China has a long tradition of paintings [depicting] the everyday life and social customs of their respective periods. Zhang Zeduan’s ‘Along the River During the Qingming Festival’, for example, shows marketplace life in Bianliang (Kaifeng) during the Northern Song period. This type of painting provides historians with visual information extremely valuable for the study of a period’s social life and economic development. The ‘Qianlong Emperor’s Southern Inspection Tour’, by the Qing dynasty painter Xu Yang, is a work of this type.”

I started working on the translation of this book on behalf of Rizzoli last February. A text full of information to verify, different expressions to make palatable for the Italian reader, research to be done. I followed Qianlong, the emperor poet and artist, starting from Beijing, crossing the Yellow River and returning to the starting point, among temples, tea houses and placid lakes. I visited stores selling Xuan paper (xuanzhi), stationery (jian), model calligraphy (tie), silk damask (ling), plain weave silk (juan) and fan paper (shanzhi). And I came back wiser from my trip.


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autopromozione: “after the tribes”, una mostra dell’artista israeliana beverly barkat

“nello studio della dodici tribù di israele”, dice beverly in un’intervista a rai tre che uscirà a breve, “ho trovato il primo punto di connessione tra me stessa e la terra in cui ho scelto di vivere, israele, a cui sono giunta dal sudafrica.”

Screen Shot 2018-10-19 at 09.42.18nelle parole di giorgia calò, tra gli autori dei saggi, “L’opera è composta da una struttura metallica scandita in dodici riquadri, dove altrettanti dipinti su PVC semitrasparente del diametro di un metro sembrano fluttuare all’interno di ognuno di essi. Le dodici pitture circolari sono animate da una specifica trama cromatica che si rifà agli antichi testi, secondo cui ogni tribù era contraddistinta da una bandiera, o drappo di seta, con il simbolo rappresentante e presiedeva un territorio. Gli stendardi avevano il colore delle pietre preziose poste sul chòshen, il pettorale indossato dai cohanìm (sacerdoti). Sulle dodici gemme, collocate su quattro file, erano incisi i nomi dei figli di Giacobbe. Quando la luce le colpiva, queste emettevano il loro bagliore e i nomi d’Israele apparivano in rilievo rifulgendo a loro volta. I colori vivi e le pietre preziose, incastonate nel chòshen, esercitavano, secondo una tradizione cabalistica, la capacità di attrarre la dimensione spirituale presente e imprigionata nella materia.”

il catalogo della mostra è di marsilio; le traduzioni dall’inglese all’italiano sono della vostra anna albano, in compagnia dei colleghi robert burns e leslie ray per italiano —>inglese.

 

After the Tribes

11 ottobre

31 dicembre 2018

Museo Boncompagni Ludovisi,

Roma


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Burroughs, Sitwell e Chanel

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“A Sitwell non piaceva leggere William S. Burroughs, e quando fu pubblicato Il pasto nudo, nel 1959, scrisse diverse lettere al ‘Times Literary Supplement’, in cui diceva ‘Non voglio passare il resto della vita col naso incollato ai gabinetti degli altri. Preferisco Chanel N° 5’.”

Terry Newman, Legendary Authors and the Clothes They Wore, Harper Design, New York 2017

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horst p. horst, edith sitwell, new york, 1948. courtesy

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willliam burroughs. courtesy

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gabrielle chanel. courtesy


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Pubblicità_Gustav Klimt

La Vienna di Klimt fu quella di Sigmund Freud, Gustav Mahler, Arthur Schnitzler, Karl Kraus, Arnold Schönberg, Theodor Herzl e del giovane Adolf Hitler. Parigi può essersi fregiata del titolo di capitale culturale del mondo occidentale, ma con il senno di poi osserviamo che la culla di gran parte del meglio e del peggio del XX secolo è stata Vienna.

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Gustav Klimt, Donna anziana, 1909

In occasione del centenario della morte di Gustav Klimt, che ricorreva il 6 febbraio scorso, Mondadori Electa ha pubblicato un volume omonimo, scritto da Patrick Bade e tradotto dalla vostra Anna Albano: splendide riproduzioni a colori e una biografia dell’artista completa, che ripercorre tutte le fasi della vita e della carriera.

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Gustav Klimt, particolare dal Fregio di Beethoven, 1902

Questi i contenuti:

Timeline

La Vienna di Klimt

La rivoluzione e la Ringstrasse

Gli inizi

Carattere e vita privata

Le origini dello stile di Klimt

La Secessione

Ver sacrum

Scandalo

Le arti decorative

La Vienna ebraica

Mecenati e collezionisti

Ritratti

Paesaggi

Allegorie e simboli

Klimt, Freud e il sesso

Klimt, Mahler e la musica

Disegni

La fine di un’epoca

Note

Bibliografia selezionata

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Patrick Bade, Gustav Klimt, traduzione di Anna Albano, Electa, Milano 2018, 176 pagine, 29,90 euro


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cose che mi è piaciuto fare_the pink floyd exhibition

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la copertina del libro

dopo il trionfo al victoria & albert di londra, il 19 gennaio ha aperto a roma (e durerà fino al 1° luglio) la mostra “the pink floyd exhibition: their mortal remains”, a cura di
aubrey “po” powell e paula webb stainton (qui un breve video di presentazione). la accompagna la versione italiana del volume dallo stesso titolo, prodotto da victoria&albert e realizzato da skira editore. la vostra anna albano ne ha curato l’editing con grande piacere.

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i risguardi

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il frontespizio

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la doppia pagina introduttiva

sfogliando il libro si è assaliti da un grande rammarico per non esserci stati. sentite qua:

 “Quando David Bowie incontrò David Gilmour dietro le quinte del concerto alla Royal Albert Hall nel 2006 gli disse che si sarebbe esibito con lui solo a condizione che cantassero Arnold Layne. Perché proprio Arnold Layne?, chiese poi un giornalista. Perché, spiegò Bowie, la parte vocale di Syd Barrett in quella canzone aveva cambiato la sua vita: gli aveva insegnato a cantare con la sua voce, il suo accento, esattamente come quando parlava, senza cercare di sembrare americano o nero o cool, a cantare essendo solo sé stesso.

I Pink Floyd mitizzarono Syd quale loro fondatore e spirito guida, ma quasi mai si riconosce a sufficienza quanto lui, Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason insieme cambiarono il panorama musicale britannico (e di conseguenza quello mondiale). Per quanto abbia vissuto da vicino il loro avvento al successo – avendone prodotto il primo singolo e avendoli presentati al Club UFO in quei magici mesi del 1967 –, e per quanto fossi rimasto esaltato all’epoca dalla loro stupefacente originalità, non avrei mai potuto prevedere un impatto tanto duraturo.

Nel giugno del 1965 l’esibizione di Allen Ginsberg fu la più acclamata dell’International Poetry Incarnation alla Royal Albert Hall. La primavera seguente (grazie alle “antenne” della libreria della controcultura Indica Books) Londra conobbe gli Acid Test organizzati da Ken Kesey a San Francisco e The Fugs, gli eroi della scena musicale del Lower East Side di New York. Numeri del Village Voice” di New York vecchi di qualche mese riportavano le recensioni dei film underground di Jack Smith e Jonas Mekas, gli happening dei situazionisti sconvolgevano Parigi e i barbuti sostenitori delle droghe del movimento dei Provos diventavano forza politica della giunta comunale di Amsterdam.

Londra aveva i suoi eccentrici creativi, ma la sua funzione primaria nella rivoluzione che si stava pian piano agitando sembrava essere quella di crocevia. Personaggi straordinari vi fecero tappa mentre viaggiavano da Parigi all’Irlanda, da New York al Marocco o da San Francisco a Delhi. Il climax di Don’t Look Back è la permanenza di Bob Dylan a Londra durante la sua tournée del 1965. Dopotutto, la città aveva i Beatles, i Rolling Stones, le minigonne e King’s Road, fenomeni “overground” ormai consolidati e redditizi. Nemmeno nell’estate del 1966, quando una nuova energia stimolata dalle vicende politiche e dalla comparsa di droghe fino a quel momento sconosciute animava il globo, a Londra qualcosa faceva intuire che quella rivoluzione sarebbe stata speciale: fino a quel momento l’entusiasmo fu perlopiù importato da fuori.

Poi, all’inizio dell’autunno, cominciarono i fermenti nella zona W11 della città (i quartieri di Notting Hill, Ladbroke Grove e Westbourne Grove). Tutti i resoconti del movimento psichedelico underground londinese iniziano con gli eventi di beneficenza di Powis Square, il cui obiettivo era portare la Rivoluzione a Notting Hill Gate, quel tentativo idealistico conosciuto con il nome di London Free School. Le luci, la musica, l’atmosfera, i freak, le droghe, i Pink Floyd che si esibivano, i balli… improvvisamente ci furono un centro e appuntamenti ricorrenti di cui parlare, da aspettare con ansia, da confrontare con altri. La zona W11 fu rapita da un’esaltazione che era sotto gli occhi di tutti. Eravamo decollati!”

dal capitolo “Il decollo”: Syd Barrett, i Pink Floyd e la cultura underground londinese di Joe Boyd

il triangolo che separa le due parti del testo è una finezza del progetto grafico, con un richiamo alla copertina di the dark side of the moon.

divertitevi con i pink floyd: andate a roma e comprate il libro, che amazon offre con un ottimo sconto. al prossimo bell’editing.

dav

 


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quando i bambini fanno nola là noo

51a4Tm6lrhL._SX493_BO1,204,203,200_.jpgil premiato editore triestino calembour (quello di fisime, di nuove fisime, di taccuini al vento, della piccola guida al magazzino dei venti), che ci ha abituati non alla conformità di collana ma a sorprese inannunciate e dosate nel tempo, questa volta si rivolge ai bambini e produce un 20 x 20 con un titolo un po’ ritornello un po’ scioglilingua – nola là noo – che da solo dice tutta l’urgenza contenuta nella storia: il racconto di una gattina sottratta alle grinfie di una malefica vecchiaccia con l’aiuto di un gattone più esperto.

la gattina orfana si crogiola al sole e gioca tutto il giorno con l’amico più grande e più grosso; entrambi fanno riferimento, per la sussistenza, ai narratori, proprietari, nelle loro parole, di una casa “calda e affettuosa”. la casa confina con il bosco, dove vive la signora melmabrut, di cui vengono descritte le caratteristiche fisiche, tutte negative, con la strana incongruenza delle mani “da fatina”, che però nell’illustrazione sembrano proprio artigliacci da strega. e insomma la perfida, che detesta gli animali e l’universo intero, tenta di avvelenare la gatta, ma i suoi piani vengono mandati a monte dal fido gatto augusto e dall’intervento finale della giustizia.

la giustizia, nella sua forma di controllo e punizione, sta al centro di questo racconto, tanto che la quarta di copertina recita “chi finirà in gattabuia?”. arriva la polizia, arriva il giudice. melmabrut viene rinchiusa in cella “perché, dice la legge, è vietato maltrattare gli animali. chi fa del male a un animale, chi lo fa soffrire o chi cerca di avvelenarlo, finisce in gattabuia per un anno” (e a melmabrut va di lusso, poiché in italia la pena prevista dalla legge prevede fino a diciotto mesi e da cinquemila a trentamila euro di multa).

il libro, con testo di sara stulle e illustrazioni (piacevoli e pulite) di guido pezzolato, si compone di trentasei pagine molto ricche di disegni, che perciò stesso non lasciano troppo spazio a una storia articolata. epperò non sarebbe stato inutile scrivere almeno una riga che lasciasse intuire il motivo della perfidia di melmabrut – che peraltro presenta anche tratti depressivi, dato che tende a rinchiudersi in una catapecchia con le finestre sempre chiuse, e ama solo i fiori: in assenza di un minimo di informazioni la figura della signora rimane confinata in un modello di generica cattiveria. la bontà, poi, trionfa attraverso una giustizia in odore di giustizialismo (come se il giudice concludesse la sentenza con un “tiè”), presentata in maniera altrettanto priva di sfumature. i bambini più piccoli, assetati di assoluto, gioiranno senz’altro per la risoluta messa al bando della cattivona del bosco. noi, per calembour, gioiamo sempre, in attesa del prossimo libro.

sara stulle, nola là noo, con illustrazioni di guido pezzolato, calembour, trieste 2017, 10 euro

in vendita sulla botega triestina, su amazon e su altre librerie online. parte dei proventi della vendita del libro sarà devoluta al gattile di trieste

ah, e bentrovati, lettori.


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postcards from venice 2

dove la serendipity si manifesta al suo massimo livello e dal ghetto vecchio si arriva addirittura sullaluna, e al paradiso degli adolescenti

davnei giorni scorsi il ghetto vecchio era in festa per il periodo di hanukkah, con le due grandi hanukkiot collocate nel campo per la festa delle luci.

sdr

dav

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panni stesi in ghetto vecchio

attraversato il ponticello, si arriva al beit chabad, si attraversa il campo e si transita in ghetto nuovo. a destra si imbocca la fondamenta della misericordia, una lunga via costellata di bacari, piccoli ristoranti, bar, cartolerie. mrs. cosedalibri si è spinta molto in là, fino al 2535.

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sdrse andate a venezia fatevi un regalo e andateci anche voi: arriverete alla libreria e caffetteria sullaluna, dove troverete un’atmosfera che può esistere solo in posti simili in paesi anglosassoni, un’ottima cioccolata calda e un progetto, che ci facciamo spiegare dalla viva voce di francesca rizzi, libraia e imprenditrice vitivinicola, quattro figli, una casa vicino alla libreria e l’intenzione di fare di quest’ultima, aperta circa un mese fa, un luogo dove tutti, e in particolare bambini e ragazzi, possano farsi ispirare dalla bellissima selezione di libri illustrati, esposti sulle pareti come quadri: “l’idea era quella di proporre libri di qualità, soprattutto legati all’illustrazione, in un luogo che li valorizzasse, un luogo abbastanza bello e tranquillo perché le persone si potessero avvicinare alla bellezza di questi libri. l’idea nasce quindi da questo desiderio; in più, nella nostra piccola azienda agricola produciamo un prosecco biologico sulle colline di refrontolo, che è un progetto di attenzione per la tutela del paesaggio, le tradizioni agricole, la protezione della biodiversità, un progetto molto ampio. abbiamo pensato che offrire anche una casa a questo vino, a venezia, dove poterlo raccontare, fosse un segnale importante, perché nelle terre del prosecco c’è molto movimento e spesso si agisce senza riflettere bene, quindi l’idea di proteggere quel territorio al di là della quantità di vino prodotto è sempre stata nelle nostre corde, volevamo che fosse conosciuta e comunicata. oltre a questo, sullaluna ha una vocazione di quartiere. noi abitiamo vicinissimi, al di là del ponte, abbiamo quattro figli. per ora entrano soprattutto mamme con bambini, ma il mio sogno sarebbe che anche i ragazzini dai dieci anni in su potessero avere la libreria come riferimento. si fa molto per i bimbi, ma poco per gli adolescenti, e infatti in questa fascia d’età si perdono molti lettori; però ci sono cose molto interessanti per gli adolescenti, infatti noi teniamo graphic novel, fumetti. sono sicura che se i ragazzi venissero a conoscenza del patrimonio esistente all’interno di questi libri, questo potrebbe aiutarli a crescere: farebbero questo passo, entrerebbero dalla porta. abbiamo la caffetteria: una cioccolata calda, o una fetta di pane caldo con la marmellata, un dolce, potrebbero attirare anche i ragazzi; potrebbero venire qui a passare il tempo, con un gioco da tavolo, con gli scacchi. abbiamo avuto dei bambini che sono venuti a giocare a scacchi, ad esempio. la nostra realtà ospiterà sicuramente turisti, ma è la città di venezia che deve sentirne la necessità, perché il nostro è un progetto fatto per la città, perché sia bella, vivibile, e perché la gente non la abbandoni”.dav

dav

sdral sullaluna si mangia, si beve e si legge sotto un soffitto di legno strepitoso. gli arredi sono di gran gusto, discreti e invitanti come il sottofondo musicale che suonava durante la visita di mrs. cosedalibri. andateci, sostate un poco, fatevi rapire.dav

dav

sdr

sullaluna

fondamenta della misericordia

cannaregio 2535

30121 venezia

+39 041 722 924

http://www.sullalunavenezia.it

 


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Realista, quasi punk_Amedeo Renzini compie cent’anni e va in mostra a Venezia

“Queste storie dipinte sono episodi veri, sono fatti di cronaca e Storia: una storia di operai e contadini, di uomini che non misurano gesti e fatica.

Io ho guardato e capito questa gente e so che essi sono gli uomini migliori, gli attori veri, di una nuova realtà.

Ho dipinto momenti della grande lotta dei contadini poveri e giusti per la conquista della loro terra e di operai che lavorano e difendono le fabbriche. Storie che accadono vicino e che gridano dentro.

Non voglio certo giudicarmi, ma voglio dire che anche io ho vinto una piccola battaglia: contro la paura di fare della cronaca, di essere di ‘cattivo gusto’, di dar fastidio; ho dipinto con libertà e serietà e dedico questo lavoro ai nostri lavoratori che si battono con rivoluzionaria vitalità e profonda giustizia”.

Amedeo Renzini, catalogo della mostra (Venezia, Opera Bevilacqua La Masa,

17-30 luglio 1950), Venezia 1950

amedeo renzini, c 1985

Al centro, Amedeo Renzini, circa 1985

È la dichiarazione di intenti di Amedeo Renzini, pittore nato a Venezia esattamente un secolo fa, l’11 ottobre 1917. Alla sua opera è dedicata una mostra che inaugurerà nella sua città natale il prossimo 15 dicembre, da un progetto delle figlie Anna e Ombra.

Renzini comincia a esporre nel 1949, con un dipinto dedicato a Maria Margotti, mondina uccisa nello stesso anno nel corso di una manifestazione per i diritti dei lavoratori. La cifra iniziale della sua arte è il realismo, e la sua ricerca, come scrive Giovanni Bianchi nel catalogo della ventura esposizione edito da La Toletta di Venezia, “si fonde con l’impegno politico; l’artista è vicino ad Armando Pizzinato e agli altri neorealisti veneziani, come Giovanni Pontini, Ezio Rizzetto, Bepi Longo, Albino Lucatello, Valeria D’Arbela, con i quali espone a Venezia nel 1953 (febbraio-marzo) alla Galleria al Ponte.”

Storia americana, 1976, tecnica mista, 18 x 23 cm

Storia americana, 1976, tecnica mista, 18 x 23 cm

Negli anni una prepotente fantasia e uno spirito indomito guidano Renzini verso esiti che deviano dallo spirito degli esordi. La sua sostanziale inclassificabilità lo tiene lontano dalla critica e dai circuiti ufficiali, cosa di cui l’artista non si duole, come ci dice lui stesso: “Non so fare i salti mortali, neanche a manina con mercanti e critici (il gatto e la volpe di tante storie di pinocchi pittori) e mi succede che da tempo non mi interessano le mostre ufficiali, i concorsi, i grandi premi, o piccoli. Dipingo, non faccio collezione di medaglie.”

Renzini continua il suo viaggio artistico viaggiando, passeggiando, annotando storie dipinte e scritte; il segno incide più profondamente e il colore esplode in opere di rutilante erotismo.

Albero della vita, dettaglio, 1985, grafite e acquarello su carta, 60 x 18 cm

Albero della vita, 1985, particolare, grafite e acquarello su carta, 60 x 18 cm

E a volte la libertà si trasforma in splendido sberleffo, quasi un’anticipazione del punk, un invito ai borghesi:

amedeo renzini_phanku

  • Amedeo Renzini – Identikit
  • Fondazione Bevilacqua La Masa
  • Palazzetto Tito, Venezia
  • 15 dicembre 2017
  • 21 gennaio 2018
  •  
  • Un progetto di Anna e Ombra Renzini
  • Catalogo della mostra
  • Progetto grafico e impaginazione
  • Matteo Torcinovich
  • Sebastiano Girardi
  • Matteo Rosso
  • Editing
  • Anna Albano


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bonvini + bonvini_libri finti clandestini in residenza

lfc3qualche giorno fa, da bonvini – di questa magnifica cartoleria-tipografia avevamo già parlato qui – si è inaugurata la piccolissima mostra del collettivo libri finti clandestini. l’apertura è stata preceduta da una residenza settimanale degli artisti nell’atelier 1909, il nuovo spazio bonvini, attraverso la cui vetrina si poteva osservare il collettivo al lavoro.lfc_3

la politica bonvini, che ha dato sinora ottimi frutti, è quella dei passi avveduti: accurate selezioni di oggetti legati a carta, stampa, cancelleria – a proposito: chi cercasse l’ultimo modello di casa palomino trova in bonvini una certezza – e di iniziative, e adesso questo piccolo spazio giusto dietro l’angolo, che a giudicare dall’esordio promette benissimo.

ecco l’autodescrizione di libri finti clandestini:

“Libri Finti Clandestini è un esperimento di autoproduzione nell’ambito del riciclo, in relazione all’editoria e al design il cui scopo è quello di realizzare veri e propri libri (sketchbook, taccuini, diari di viaggio, “libri oggetto”, carnet de voyage…) usando solamente “carta trovata in giro”, carta che la gente considera spazzatura: scarti di tipografie, prove di stampa e carte di avviamento, sacchetti della spesa, poster, buste, sacchetti del pane, carta da parati…
Essi possono essere piccole tirature pop up (edizioni di 50, 100 numeri) o libri pronti per essere scritti, disegnati o per assumere qualsiasi altro significato il possessore voglia dargli.”

lfc6libri e quaderni da usare a piacere e poi libri unici, pieni di grazia, pop up in cui dimorano piccoli circhi d’antan, omaccioni rotondi che sostengono le evoluzioni di acrobate leggiadre, forzuti sollevatori di pesi, viaggiatori in paesi lontani.islanda

dav

lfc5ritagliando e creando miniuniversi libri finti clandestini è arrivato sino in giappone, e prevedibilmente camminerà ancora molto. magari reggendosi poeticamente sulla fune come gli atleti circensi un po’ malinconici che vivono nei suoi libri.

IMG_20171125_182635.jpgcome bonvini, lfc poggia su un relativo superfluo, su un nulla che si fa sostanza nello sguardo e nelle azioni di chi osserva, immagina, scrive, disegna, impara a stampare. e tutto si fa nutrimento, tutto si tiene, tra via tagliamento e corso lodi, a milano.

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