cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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una poesia d’amore sulla schiena

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charles simić. courtesy

è agosto e a milano il caldo morde ancora. è tempo di starsene a letto o sul divano, tapparelle semiabbassate, a dormicchiare o creare. charles simić ama creare così, come una messe di suoi predecessori. ascoltiamolo da un articolo della “repubblica” pubblicato qualche anno fa. e leggiamo la poesia di andré breton (ascoltiamola anche dalla voce del suo autore) citata nel testo, antidoto contro la misère du monde.

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andré breton. courtesy

“Tutti gli scrittori hanno i loro piccoli ‘trucchi’ del mestiere. Il mio è che scrivo a letto. ‘Sai che roba!’, penserete voi: lo facevano anche Mark Twain, James Joyce, Marcel Proust, Truman Capote e tanti altri. Vladimir Nabokov teneva persino delle schede sotto il cuscino, per quelle notti in cui non aveva sonno e aveva voglia di scrivere. Però, non ho mai sentito di altri poeti che scrivessero a letto, anche se non mi viene in mente nulla di più naturale di scribacchiare con la biro una poesia d’amore sulla schiena della persona amata. Certo pare che Edith Sitwell di solito dormisse in una bara per prepararsi all’ orrore ben più grande di trovarsi di fronte la pagina bianca. Robert Lowell scriveva steso sul pavimento, o almeno così ho letto da qualche parte. L’ho fatto anch’io, qualche volta, ma preferisco il materasso e, stranamente, non sono mai stato tentato dal divano, dalla chaise longue, dalla sedia a dondolo o da altre varietà di sedute confortevoli. ‘La poesia si fa a letto, come l’amore’, scriveva André Breton in una delle sue poesie surrealiste. Ero molto giovane quando la lessi e ne rimasi incantato. Confermava la mia esperienza personale. Quando mi si accende il desiderio di scrivere, non ho scelta: devo continuare a starmene steso o, se ho lasciato la posizione orizzontale qualche ora prima, devo tornare di corsa a letto. Che ci sia silenzio o rumore non mi cambia nulla. Negli alberghi appendo fuori dalla porta il cartellino ‘Non disturbare’ per tenere lontane le cameriere che aspettano di pulirmi la stanza. Devo dire, con un certo imbarazzo, che rinuncio spesso a fare il giro dei monumenti e dei musei per rimanere a letto a scrivere. […]”

charles simić

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Burroughs, Sitwell e Chanel

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“A Sitwell non piaceva leggere William S. Burroughs, e quando fu pubblicato Il pasto nudo, nel 1959, scrisse diverse lettere al ‘Times Literary Supplement’, in cui diceva ‘Non voglio passare il resto della vita col naso incollato ai gabinetti degli altri. Preferisco Chanel N° 5’.”

Terry Newman, Legendary Authors and the Clothes They Wore, Harper Design, New York 2017

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horst p. horst, edith sitwell, new york, 1948. courtesy

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willliam burroughs. courtesy

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gabrielle chanel. courtesy


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giovanni non è lui_creare in altri luoghi

milanofree.it_giovanni-testorichi fosse interessato a giovanni testori e desiderasse leggere una ricca biografia dell’autore di novate milanese può trovare quella curata da fulvio panzeri sul sito della fondazione mondadori, e precisamente qui.

l’attenzione di mrs. cosedalibri si è appuntata sull’anno 1958, quello dei racconti del ponte della ghisolfa. a proposito di questi, testori rilascia un’interessante dichiarazione su un argomento che “cose da libri” ha affrontato qui e qui – vedi anche alla voce cancelleria: è la questione del displacement, dello scrivere o rivedere in un posto che è tutt’altro dal luogo di lavoro abituale.

“Ho sempre scritto a mano. Detesto quel rapporto asettico con la macchina da scrivere, che uso solo per l’ultima stesura. Lavoro bene nelle zone di non appartenenza. I racconti del Ponte della Ghisolfa li ho scritti al parco, nei bar, alla biblioteca d’arte del Castello. Ho sempre lavorato così e non ho mai capito perché: al bar, in treno… Nei luoghi dove non sono ‘io’”.

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una delle ultime palomino, la 54, dedicata ai surrealisti. ampiamente provata da mrs. cosedalibri, che la raccomanda in virtù della sua moderata pastosità e di una scorrevolezza che non paga pegno a sbavature: ideale per la revisione di testi

a proposito del rivedere, riprendo da un antico post di questo blog (sì, mi sto autocitando, ma la cosa è funzionale al discorso):

“questo è il felice momento in cui, dopo la prima lettura su carta e gli interventi sul file (che hanno sommato quelli su carta e quelli che venivano sul momento, mentre lavoravo), terminato il primo livello di lavoro, faccio stampare il risultato in copisteria, rilegato a spirale. mi procuro diverse penne colorate. e poi mi sposto dalla scrivania di casa a una poltrona della feltrinelli (scusate, librai indipendenti, ma normalmente voi non avete una sedia, oppure non è possibile rimanere da voi ore e ore senza che qualcuno si avvicini e mi chieda se può aiutarmi). questo tipo di displacement, quando si fa editing o si traduce, è molto utile per recuperare freschezza, ancora di più se tra la fine della prima fase del lavoro e l’inizio della seconda si lascia trascorrere qualche giorno.

è il momento in cui capisco se ciò che ho tolto rende il testo eccessivamente obliquo, se ho ceduto alle mie manie di laconicità, se ho detto talmente poco da non mostrare nulla. se le parti sono equilibrate, se i personaggi sono rimasti tondi, se sono troppo secchi, se bisogna chiedere all’autore di riscrivere, rimpolpare, sfrondare, precisare.

è anche il momento della verità, in cui l’autore rilegge in parallelo a te e presto ti dirà se si riconosce nella voce in parte nuova con cui parla il suo testo. il tempo in cui misuri, oltre alle capacità ‘tecniche’, anche quelle di relazione e di comunicazione.”

e insomma, quando scriviamo, o rivediamo alla luce di qualche sedimentazione, siamo tutti un po’ giovanni, che però non è lui.


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sia benedetto giovanni testori

non lo dice mrs. cosedalibri ma l’eccelso luca doninelli, che invito a leggere qui sotto, in occasione del venturo anniversario della morte del suo maestro e amico (qui l’ottima cronologia della vita di testori sul sito della fondazione mondadori).

a parte quella sulla complessità dell’amicizia, mi è piaciuta la lezione di doninelli sulla letteratura:

In un libro non ci può essere solo letteratura, deve precipitarci dentro tutto, perciò è severamente vietato aver paura di qualcosa.

questo è il link all’articolo sul “giornale”. buona lettura, sarà buona e ricca davvero.


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spremuta a colazione_la rassegna stampa di giorgio dell’arti

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si chiama “anteprima – stamattina • ŸoggiŸ • domani” ed è la neonata rassegna stampa di giorgio dell’arti, il giornalista fondatore del “venerdì” della “repubblica”, autore del catalogo dei viventi e direttore di cinquantamila, sito dedicato alla storia del “corriere della sera”.

l’autore l’ha annunciata su facebook, molto sobriamente, così: “Da una settimana scrivo per l’Agenzia Italia una rubrica che contiene: rassegna stampa, eventi del giorno, compleanni e anniversari. È pronta alle sette e mezzo di mattina. Se qualcuno vuole riceverla via mail può mandarmi il suo indirizzo di posta elettronica a gda@vespina.com. Poi fatemi sapere che ve ne pare. Grazie”.

mrs. cosedalibri ha aderito di recente e ne è entusiasta. la “spremuta” di informazioni, come lo stesso dell’arti la definisce, è fatta con grande competenza: è una selezione di notizie curate e presentate con chiarezza, a cominciare dall’impaginazione che più essenziale non si può.

si comincia dalla prima pagina del giorno, nella sezione “stamattina”, un collage ragionato dai quotidiani che in pochi minuti di lettura restituisce un quadro esauriente delle notizie principali; a seguire una serie di argomenti introdotti da una parola, ad esempio “Pane – Il settore del pane vale 7 miliardi di euro, conta 25mila imprese – soprattutto a conduzione familiare, che mediamente sfornano cento chili di pane al giorno ciascuna e danno lavoro a 400mila persone”.

in “oggi” troviamo il meteo, i funerali (ma belli: onorano con partecipazione anche le persone comuni: “Nel cimitero di Castelguglielmo (Rovigo) ultimo addio a Francesco C., un uomo morto solo in casa sua, ritrovato cadavere dopo giorni. Il padre è venuto a mancare qualche anno fa, la madre di recente, non aveva parenti né altri legami. Non aveva un posto fisso e neanche l’auto. Ogni tanto lo si vedeva, per le vie della città, pedalare in bicicletta. Per lui nessun funerale, solo l’inumazione nel campo santo del paese. Aveva 44 anni”), i processi, gli esteri, l’agenda politica – ci sono anche tutte le notizie sulla campagna elettorale dei partiti, questi ultimi in ordine alfabetico –, la cultura, la televisione; non mancano i santi e il vangelo.

nel “domani” c’è una sezione molto ricca di compleanni, e poi, utile e interessante, una scelta di avvenimenti verificatisi dieci, venticinque, quaranta e ottant’anni fa.

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giorgio dell’arti. courtesy

nei testi scritti da dell’arti medesimo (quelli che non trascrive dai giornali, per intenderci), per raccontare ad esempio fatti di cronaca, troviamo un meraviglioso uso del passato remoto che in qualche modo storicizza immediatamente gli accadimenti e lascia il lettore immerso in un paradosso, in un ossimoro straniante: il presente quasi non esiste più, e l’effetto è quasi un lenimento indotto dalla sensazione di distanza. un esempio dalla sezione “delitti e suicidi” del 14 febbraio, dove si raccontano con delicatezza un femminicidio e un omicidio:

“Francesca Citi, di anni 45, ‘amabile, squisita, attenta al lavoro’, ex moglie di un Massimiliano Bagnoli, di anni 45 pure lui. Questo Bagnoli ieri mattina la raggiunse nello studio dentistico dove lavorava come assistente, lei continuò a dirgli che era finita e lui le diede dieci coltellate, in corpo e in gola. Subito dopo andò in bagno, chiuse a chiave la porta, e con la stessa lama si segò le vene. Insopportabile che si fosse trovata un nuovo compagno, fino a novembre era stato ai domiciliari per stalking, e continuava ad aggirarsi intorno alla casa dove Francesca viveva con le loro bambine, i carabinieri l’avevano saputo dai vicini ma lei non aveva voluto denunciare di nuovo l’ex per non turbare le figlie; la Citi nell’appartamento era sola perché il dentista il martedì non lavora (ieri mattina in uno studio dentistico in piazza Attias, Livorno).”

“Vincenzo Crisponi, di anni 56, tossico, se ne stava seduto sulla panchina, e arrivarono due e l’ammazzarono a forza di calci e pugni (ieri alle cinque del pomeriggio, parco giochi Liori, via Satta, centro di Capoterra, provincia di Cagliari).”

trovo che questa pubblicazione sia molto utile e ne apprezzo molto la forma. provatela qui.


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spigolare mentre si va, e un regalo di buon anno

nei giorni passati, a cavallo tra i due anni, mrs. cosedalibri ha viaggiato parecchio, a volte in aereo e a volte in treno. ed è proprio qui, su questo mezzo eccellente per pensare, che si è portata riviste diverse, serie e meno serie (prevalentemente meno serie), da cui ha spigolato tra le altre le seguenti cose:

– a metà maggio 2018 ricorrerà il cinquecentesimo anno della morte di francesco griffo da bologna, considerato l’inventore del corsivo.soncino-griffo-petrarca-italic-1200x800

– una splendida dichiarazione del regista ridley scott, il mio regalo per il nuovo anno a chi legge il blog.

giornalista: e i suoi ottant’anni?

ridley scott: non ci penso. è un numero. è solo un maledetto numero.GettyImages-651954720-920x584

– un pensiero di livia manera in un suo articolo su joy williams, in cui definisce la quintessenza del classico racconto americano: “nudo, crudo, fondamentalmente misterioso e imprevedibile”. è la definizione che avrei voluto dare dei racconti di carver, ma non sono mai arrivata a questa sintesi così veritiera.

 

 

 

 

 

 


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dove si varca la soglia dell’harry’s bar trovandolo miracolosamente vuoto e vi si sosta per un poco, deliziandosi

 

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ernest hemingway, ruggero caumo (barista) e camerieri all’harry’s bar, venezia, 1949. ernest hemingway collection. john f. kennedy presidential library and museum, boston. courtesy

l’harry’s bar è tutto per mrs. cosedalibri. il caffè americano è eccellente, il personale ha il saluto naturale, non forzato, giacche bianche impeccabili.

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digvoglio sedermi dove sedeva ernest, mi faccio indicare il suo posto, sarà quello vero? non mi importa un granché. quello che veramente mi importa è abbandonarmi a questa emozione di adolescente oleograficamente affezionata ai miti.

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sdr

è una sensazione, mi sono resa conto, che non avrei potuto sperimentare appieno se fossi stata con un’altra persona, fosse stato anche il mio migliore amico. perché si sarebbe stemperata in altre parole, in uno sguardo necessariamente condiviso. c’è un tempo per la compagnia e un tempo per stare da soli. all’harry’s bar la condivisione può aspettare.dav


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cose per chi vuole scrivere 19_aspiranti scrittori, ascoltate

incipit-offresi-1è aperta a tutti “incipit offresi“, l’iniziativa promossa da fondazione ECM – biblioteca archimede di settimo torinese e regione piemonte che “mette a disposizione degli aspiranti scrittori uno spazio dove poter presentare la propria idea di libro”.

qui trovate il sito dedicato al concorso e qui un articolo sulla “stampa”.


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il lavoro non è tutto e “donna” può essere un’etichetta_le sante parole di marguerite

 

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marguerite yourcenar, accademica di francia. courtesy

 

ho tradotto velocemente il testo di una parte dell’intervista sulla condizione della donna rilasciata da marguerite yourcenar nel 1981 – un anno dopo essere stata eletta, prima donna, accademica di francia – a non so quale emittente televisiva (non lo so poiché non ho trovato informazioni, ma poco importa. l’intervista integrale è riportata in tre spezzoni, in francese, qui, qui e qui).

a parte la straordinaria freschezza di alcune notazioni su come le donne identificano sé stesse e sono identificate dagli altri, senz’altro applicabili anche all’oggi, la cosa rimarchevole è la visione assai ridimensionata del valore di un certo tipo di lavoro, assorbente e imprigionante, il cui modello e le cui modalità yourcenar sconsiglia fortemente, a favore di una “maggiore libertà di attività e di scelta”. esemplare, marguerite.

 […] e quello che mi preoccupa nel femminismo attuale, con il quale sono totalmente d’accordo, quando si tratta della parità salariale, ovviamente a parità di meriti, ma c’è comunque un elemento fastidioso, è l’elemento di rivendicazione contro l’uomo. Una tendenza a sollevarsi contro l’uomo in quanto donne, che non mi sembra naturale, che non mi sembra necessaria, e che tende a creare ghetti. Di ghetti, ne abbiamo già abbastanza, ne abbiamo troppi. E io vorrei vedere le donne pensare a una sorta di fraternità umana invece che opporre un gruppo a un altro. È quello che mi impedisce di aderire, di scrivere il mio nome sui documenti della maggior parte delle organizzazioni femministe. Non mi piacciono le etichette, e “donna”, in un certo senso, è un’etichetta. E non mi piace tutto ciò che separa e riduce gli esseri a certi atteggiamenti. Vorrei che una donna avesse la libertà di essere donna o poco donna, come desidera. Solo che qui, nella nostra epoca, si incontra un’altra difficoltà: un po’ come accade per tutte le minoranze, si lotta a favore di libertà che sarebbero state utili cinquant’anni fa invece di invocare quelle che servirebbero al momento attuale. Si capisce molto bene che una cinquantina di anni fa o duecento anni fa, in epoche in cui si presumeva che stessero rinchiuse in casa a cucinare, se non avevano i mezzi per avere una cuoca, o a sorvegliare la cuoca, se ne avevano una, le donne sognavano altro e, ad esempio, il marito convinto che la donna debba occuparsi solo della cucina e non di leggere dizionari come nelle Donne sapienti di Molière risulta ovviamente più che offensivo, ma a guardar bene ci si accorge che spesso le donne dell’epoca facevano tutt’altro. Ma insomma, al giorno d’oggi la situazione non è più così drammatica, le donne fanno ancora di più ciò che vogliono, anche nell’ambito della vita domestica, [decidono di] dedicarvisi o meno; quello che accade, purtroppo, è che molte donne fanno della vita maschile un ideale. È un’idea bizzarra, poiché non credo che la vita degli uomini sia così ideale, ma sognano di essere l’equivalente e sognano di essere l’equivalente di un signore che si alza alle 7:30 del mattino, si mette l’asciugamano sotto il braccio, ingoia rapidamente un caffè e si precipita in ufficio. Allora devo dire che come idea di liberazione questa mi lascia fredda. E l’idea della carriera, l’idea del successo, del successo economico, del successo del dominio diventa per la donna – si vede benissimo quando si leggono certe riviste femministe – l’ideale del successo umano. Secondo me è un fallimento spaventoso nei due sessi. Se un uomo ha da offrire solo questo, è ben triste; e se una donna lo imita, e sogna una carriera di questo genere, un bel giorno si accorgerà di tutto il vuoto e che ha perso tante cose. E allora a questo proposito si vorrebbe vedere l’instaurarsi di un nuovo ideale umano, un ideale che offra alle persone forse non necessariamente un maggior numero di piaceri, ma insomma una maggiore libertà di attività e di scelta, meno reclusione nel lavoro, che è diventato sacrosanto, che è diventato una forma ipocrita di schiavitù, poiché le persone non fanno che quello, ne sono ossessionate.

C’è altro. C’è il fatto che si rimane un po’ scioccati quando si vedono certe riviste femminili e si vede in prima pagina un articolo di scottante attualità in cui di dice che la condizione della donna è atroce, che essa dovrebbe elevarsi a una condizione di uguaglianza rispetto a quella maschile, e questo e quello, si gira la pagina e si vede su una magnifica carta patinata l’immagine di un cosmetico, di un reggiseno, di scarpe con i tacchi alti e tutte le specie di cose che appartengono al vecchio arsenale della donna-oggetto. Una cosa che mi dà l’impressione che queste signore giochino su due tavoli. Mi chiedono se credo che le donne abbiano qualcosa di speciale da portare alla nostra civiltà. Ebbene sì, io credo di sì. Ciononostante bisogna dirsi questo: che a causa di questa condizione, se si vuole limitata, se si vuole inferiore, stavo quasi per dire più grave della donna di un tempo, essa è stata comunque la creatura che metteva al mondo dei bambini; era la creatura che puliva, allevava, nutriva, vestiva i bambini, che in qualche modo impartiva loro le prime lezioni di umanità, e per questo è stata molto più vicina di molti uomini alle realtà di base. La donna potrebbe portare questo senso profondo delle realtà, delle realtà fisiche, delle realtà carnali, delle realtà fisiologiche che mancano in così grande misura nella nostra civiltà. E quindi mi pare che la donna potrebbe giocare un grandissimo ruolo mostrando quanto importante e sacro sia tutto questo. E se lo facesse, ciò giocherebbe immediatamente un certo ruolo anche dal punto di vista del pacifismo, dal punto di vista delle libertà, dei diritti civili e così via, perché comprenderemmo meglio il meccanismo della vita e della morte, a cui la donna è stata spesso, per forza di cose, poveretta! così vicina, per molti secoli.

 


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dove si incontra un vecchio amico nel bel mezzo di un affresco, si va a piedi dall’uno all’altro arrondissement e si approda in un giardino di delizie

i lionesi sono perlopiù pacifici e gentili: tutti coloro a cui ho chiesto indicazioni mi hanno risposto volentieri e in maniera molto circostanziata, e molti mi hanno accompagnata per un tratto assicurandosi che andassi nella direzione giusta.

durante le mie lunghissime passeggiate non ho mai provato disagio o sensazione di pericolo: sarà la lunga ombra del capitano chérif, ma la città sembra piuttosto tranquilla, fatti salvi alcuni inevitabili balordi che tuttavia non paiono comprometterne la sostanziale paciosità.dig

la bellezza e la calma dei lungofiume verso ora di pranzo, quando turisti e locali perlopiù mangiano ed è facile trovarsi quasi da soli a passeggiare, sono impareggiabili. le attività serali / notturne degli avvinazzati che là vanno a gozzovigliare dopo il tramonto sporca in alcuni tratti la maestosità delle acque: molte sono le bottiglie vuote sulle rive, qualcuna addirittura galleggia sul fiume.

lungo la saona, l’angolo formato da rue de la martinière e da quai saint-vincent, nel primo arrondissement, ospita il bellissimo fresque des lyonnais.

realizzata dagli artisti della cité de la création, l’opera cita e raffigura ventiquattro personaggi della cultura di origini lionesi (si veda qui per l’elenco dei personaggi). dav

 

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antoine de saint-exupéry

 

quale non è stata la sorpresa di mrs. cosedalibri nel vedere rappresentato anche il suo idolo bernard pivot, l’autore della televisione culturale francese, l’anima di “apostrophes” e di “bouillon de culture”! per chi comprende il francese, qui si può guardare una bella intervista a bernard.

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bernard pivot, insuperato giornalista culturale

da rue de la martinière, passando per il quai saint-vincent, si approda all’immensa place bellecour, gigantesco nido di delizie letterarie. collocata tra saona e rodano, nel secondo arrondissement, è una piazza immensa, i cui giardini sono attrezzati con chioschi di ristorazione e panchine, e tutto attorno alle due fontane sono disposte sedie per chi desidera rilassarsi nei pressi dell’acqua, facendosi cullare dal rumore degli zampilli.IMG_20170809_155214.jpg

al numero 29 della piazza sorge la libreria decitre, parte di una catena e risalente al 1907, che mrs. cosedalibri ha visitato in piena rentrée scolaire: vasti settori dedicati a letteratura, scienze umane, turismo, arte, storia, religione, infanzia, gialli e fumetti, libri scolastici e un assortimento fiabesco di cancelleria. oltre a una piccola fornitura di inchiostri colorati per le sue stilografiche – nei colori radiant pink e harmonious green di waterman –, mrs. cosedalibri ha acquistato tre taccuini, tutti giapponesi, tra cui il favoloso life: tutti a righe, con una carta splendida, promessa di scrittura assai scorrevole. bisognerà adesso provarli con le stilografiche e capire se si contemperano con la grafite delle matite palomino.IMG_20170809_150032.jpg

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dove, all’ingresso di una libreria fisica, si celebra l’integrazione tra la lettura su ebook e quella su libri di carta: tea, la soluzione per vendere libri digitali in libreria

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la sezione cancelleria

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i taccuini giapponesi

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qui e sotto, caccia al tesoro nella libreria decitre: indovinare il titolo dalla citazione, con l’indizio del libraio

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la sacra teca della pléiade

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1,46 eventi al giorno in libreria

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creare una casa in libreria: un fiore su un tavolo

in questa piazza assai libresca, in cui trovano posto anche le misteriose éditions baudelaire (solo su appuntamento, recita la targa: che vorrà dire?) troneggia la statua del lionese antoine de saint-exupéry, che ci guarda dall’alto in compagnia del piccolo principe.IMG_20170809_154326_1.jpg

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place bellecour non finisce, ma si trasforma senza soluzione di continuità in place saint-antonin, dove al numero 5 si trova l’expérience, una libreria piena di fascino specializzata in fumetti, che vende anche stampe, action figures e il resto collegato al settore.IMG_20170809_162607.jpg

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il gigantesco bouquet che conclude place saint-antonin e segna il confine simbolico tra la piazza e il fiume rodano