cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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dal lato della luce

io odio google maps. non perché sono vecchia, ma perché mi noja sul serio.

ma mettete quella freccia dove deve essere e ditemi esattamente dove devo andare, per la miseria. non devo essere io a far compiere evoluzioni al telefono. non devo lavorare per voi.

così ieri, dovendo andare a piedi in un luogo molto lontano, ho segnato su un foglietto tutte le tappe principali, fino alla meta. alcuni luoghi li conoscevo, per molti altri ho chiesto ai passanti.

una delle ultime persone cui ho chiesto è stata una portinaia dall’apparenza amerindia. “buongiorno, signora, sa indicarmi piazza pompeo castelli?” “è un po’ lontano, al di là del ponte. le conviene prendere il tram per tre fermate.” “no, grazie, vorrei andare a piedi.” “allora sempre dritto. ma cammini dall’altra parte, così si riscalda”. l’altra parte era il lato soleggiato della strada.

muori, google.


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Un poeta in tram

grazie a stefano bandera per questa segnalazione: mrs. cosedalibri è particolarmente sensibile al tema “lettura sui mezzi pubblici”.

la veranda

filovia

Filovia è l’ultima raccolta di poesie di Giancarlo Consonni. Meno di cento pagine per poco più di trecento versi: la metà di quelli di un unico canto dell’Orlando furioso, tanto per capirci. Poesia concentrata, preziosa, quasi aristocratica nella sua laconicità. Consonni è poeta sia in italiano – come in questo caso – che in dialetto: il dialetto di Verderio, nel lecchese, con la sua lingua grassa e villica, così simile ma così diversa dal milanese ossuto e colto del Maggi o del Porta. Sempre, però, sia in italiano che in vernacolo, la sua poesia ha il medesimo dono di sintesi, di concentrare in poche immagini – a volte, solamente una o due – segni dei tempi che diventano segni del tempo, dell’universalità. Le parole di Consonni, distillate, prive di aggettivi, quasi sacre nella loro apparenza così scarna, sono scelte con la stessa attenzione che si riserva alle parole…

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ON THE MOVE! Oscar da Oscar

Page_1“Gli Oscar, i libri-transistor che fanno biblioteca, presentano settimanalmente i capolavori della letteratura e le storie più avvincenti in edizione integrale supereconomica per il tempo libero. Gli Oscar sono i libri 1965 per gli italiani che lavorano: per gli operai, per i tecnici, per gli impiegati, per i professionisti, per gli studenti, per la famiglia, per tutti i membri attivi e informati della società. A casa, in tram, in autobus, in filobus, in metropolitana, in automobile, in taxi, in treno, in barca, in motoscafo, in transatlantico, in jet, in fabbrica, in ufficio, al bar, nei viaggi di lavoro, nei week-end, in crociera, Gli Oscar saranno sempre nella vostra tasca, sempre a portata di mano. Con Gli Oscar, una casa editrice tradizionalmente all’avanguardia ha ideato e creato il libro settimanale di altissimo livello per un pubblico in movimento. Gli Oscar sono gli Oscar dei libri: si rinnovano ogni settimana, durano tutta la vita.”

È il testo che compare in seconda di copertina degli Oscar Mondadori appena nati, di cui si dà conto anche sul sito di Mondadori:

1965

“I lettori vanno raggiunti”: gli Oscar Mondadori

Al successo degli Oscar Arnoldo Mondadori, con naturalezza e ragionevolmente euforico, rispose che tale riscontro era la nuova conferma delle sue “ultradecennali affermazioni che in Italia esiste una massa di potenziali lettori che vanno semplicemente raggiunti”. E per raggiungerli Mondadori puntò sulle edicole, un canale di vendita più capillare delle librerie, seppur meno conveniente e per alcuni tratti ancora incerto. Così nell’aprile del 1965, preceduti da un’intensa campagna pubblicitaria, gli Oscar si diffusero nelle edicole di tutta Italia per offrire, a sole 350 lire, le opere più rappresentative della letteratura italiana e straniera.
“Ogni martedì un capolavoro italiano o straniero in edizione integrale, in traduzione inappuntabile”; “Dal classico al best-seller, dal poliziesco al romanzo d’amore, dalla storia di fantascienza al libro-film: tutto quello che cercate lo troverete negli Oscar”: questi gli slogan, apparsi su varie riviste, nei mesi di lancio della collana.
Il primo numero, Addio alle armi di Hemingway, vendette 210.000 copie in una settimana, e nei due mesi successivi raggiunse quota 400.000. La collana fu presto affiancata da altre serie parallele, come gli Oscar mensili (1965-1967), dedicati alla poesia e al teatro, e i quattordicinali Record (1965-1967), riservati alla storia, alle biografie e alla memorialistica. Nel 1967 viene pubblicato il primo saggio, La guerra per bande di “Che” Guevara, seguito dall’Arte di amare di Fromm e dal Dossier sul catechismo olandese, che susciterà contrastanti reazioni nel mondo cattolico italiano. Nel 1968 nasce la prima serie destinata esclusivamente alle librerie, Oscar Libreria (1968-1978), in cui troveranno collocazione le opere di maggior impegno, come il Doctor Faustus di Mann e la Storia delle idee del secolo XIX di Russell.
Le serie si sono via via moltiplicate fino alla profonda ristrutturazione degli anni Ottanta, quando si decise di riqualificare i titoli fin lì pubblicati per articolare le pubblicazioni in precisi filoni editoriali, facilmente identificabili.

Che tirature e che vendite, signori! E quanta precisione nella nomenclatura dei destinatari, dagli operai, messi al primo posto, agli studenti. La storia degli Oscar è esemplare (e alla signora cose da libri piace da morire).


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Scerbanenco reloaded

scerbanenco_traditori_2

Giorgio Scerbanenco, Traditori di tutti, Garzanti, Milano 1966

“Siamo entrati in studio con un elenco abbastanza lungo di possibili riferimenti al libro di Scerbanenco: nomi di personaggi, scene, luoghi, oggetti e frasi estrapolate dal loro contesto originario. Questi spunti letterari hanno guidato poi lo sviluppo delle nostre idee musicali. In pratica quando veniva un’idea per un riff, un ritmo, una parte di un brano, ci si faceva aiutare dal libro chiedendosi cosa potrebbe essere questo? Come possiamo svilupparlo nelle atmosfere del libro?, e così un riff abbastanza epico è diventato il brano della Vendetta che è al centro della storia di Scerbanenco, un tema buffo e allegro è servito come brano per uno dei personaggi più grotteschi come la moglie del macellaio (Butchers’ bride), un’atmosfera scura e sospesa come prologo ideale al disco e così via.”

Courtesy notiziediprato.it

I Calibro 35. Courtesy notiziediprato.it

Il 21 ottobre esce Traditori di tutti, album dei Calibro 35 dedicato alla Milano di Giorgio Scerbanenco e ispirato al secondo romanzo della serie di quattro che vedono come protagonista Duca Lamberti. L’articolo che Flavio Brighenti dedica al disco su “repubblica.it” è molto completo e riporta anche i link per il preascolto. Guardate il video di Giulia mon amour, inserito nel video: i Calibro 35 suonano strumenti vintage.

Per uno Scerbanenco “cose da libri”-style, cliccate qui.


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niente dammusi a pantelleria_rimini uno

di vacanze a rimini, si sa, la signora cose da libri è recidiva. rimini è un inferno. è un inferno di gente in bicicletta di tutte le età e condizioni sociali, che pedala dappertutto e si annuncia alle spalle dell’ignaro pedone con un sinistro risuonare di ingranaggi. ragazzi in bicicletta, donne e uomini in bicicletta, suore dalla veste candida in bicicletta, ultraottantenni in bicicletta che filano come dannati con una sicurezza strabiliante. l’emilia romagna è la cina dell’italia.

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dannati ciclisti in attesa a un semaforo. rimini, parco cervi

chi scrive ha girato per rimini con lo stesso terrore che l’avrebbe assalita durante uno zoosafari senza la protezione della jeep.

epperò. questa è gente che ha imparato ad andare in bici prima ancora che a camminare, si vede benissimo. non sono persone convertite alle due ruote dopo un pentimento da suv. questi non vanno in bici per salvare il pianeta, questi pedalano come respirano. non sentono alcun bisogno di decorare il cestino dei loro velocipedi con vegetali finti. cestino+girasoli

non inforcano biciclette shabby chic, nella loro città non proliferano eleganti negozi di riparatori di biciclette, come nella nostra milano. non ho visto un solo ciclista sui marciapiedi, come invece accade da noi, dove una quantità di dueruotisti inetti funesta i marciapiedi suscitando in chi scrive la seguente riflessione: “hai deciso di muoverti in bici nonostante le piste ciclabili patetiche e raccogliticce di milano? però hai paura che gli automobilisti ti facciano secco? procurati un bell’abbonamento e viaggia in tram, ecologista dei miei stivali”.

possiamo dunque concludere che il ciclista di rimini, in quanto connaturato al territorio, è infinitamente più sopportabile del ciclista posticcio di milano.

(continua)


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Milano città di libri, tre anni dopo

ANNA-ALBANOPropongo qui di seguito l’introduzione a Milano città di libri – Guida alle librerie e ai librai indipendenti di Milano, pubblicato nel 2010 da chi scrive.

Da allora alcune cose sono rimaste uguali e altre sono cambiate: c’è stata la legge sul libro; altre librerie, in città, sono morte e nate. Di una cosa vado molto fiera: a partire dal 1° aprile 2010, giorno della presentazione della guida alla Libreria del Mondo Offeso, al tempo ancora in un cortile di corso Garibaldi, molte librerie di Milano hanno riflettuto sull’opportunità di unirsi per meglio muoversi nella crisi; questa riflessione si è poi concretizzata nella LIM, l’associazione delle librerie indipendenti milanesi, che si può vedere in azione sulla pagina Facebook. I librai non mi piacciono tutti e io sono invisa a parecchi di loro, per il mio modo a volte indisponente di esprimere critiche. Fatto sta che sono felice di aver contribuito in parte al cambiamento. Buona lettura.

Il libraio di Seattle e le farmacie dello spirito

Anna Albano

Premetto che ho ottantacinque anni e che sono quindi un ex libraio; se ho fatto, in gioventù, questo mestiere è perché ritengo che il prodotto di consumo più importante al mondo (salvo cibo e medicinali) sia il libro in quanto veicolo di cultura.

Arturo Schwarz, in un’intervista pubblicata su “cosedalibri”, gennaio 2009

Tutto è cominciato da una frase di Michael Lieberman, il quale ebbe a dichiarare, nel corso di un’intervista rilasciata nel 2008, di essere felice di fare il libraio a Seattle, perché Seattle, diceva, “è una città di libri”. Avevo incominciato a intervistare alcuni librai per il mio blog “cose da libri”, ponendo loro qualche domanda il cui scopo era capire, più che dati o cifre, quanto fosse rimasto in loro dell’originario impulso, quello che li aveva spinti a occuparsi di libri, e a venderne. A mano a mano che andavo avanti con gli incontri aumentava in me l’interesse per questa singolare categoria di negozianti, che in fondo – ho scoperto a consuntivo – riflette al proprio interno la variegata composizione dell’umanità, popolata com’è di tipi ameni e bizzosi, compassati e focosi, concreti, utopisti o anche decisamente sgradevoli.

Da quando ho cominciato a raccogliere il materiale per questo libro hanno aperto, a Milano, almeno quattro librerie (la Libreria del Mondo Offeso e Interno 4, all’interno della storica sede della casa editrice Shake nella casbah di via Bligny 42, nonché, per la seconda volta, la libreria Babele, e la recentissima Linea d’ombra): nonostante la crisi, nonostante la difficoltà del prodotto, nonostante tutto. Sulla strada sono rimasti i cadaveri della Libreria del Giallo, chiusa ufficialmente il 31 marzo 2009, degli Archivi del Novecento, della libreria Porta Romana, della libreria Mauro, che ha chiuso i battenti a gennaio 2010, e mentre stiamo per andare in stampa anche del Libraccio di via Solferino.

Dai colloqui che ho intrattenuto con i miei interlocutori emerge una mancanza di interdipendenza tra colleghi (una fondamentale solitudine del libraio nonché, a volte, un pochino di sprezzo per l’altro): il proprietario di una piccola libreria per ragazzi, la Fata & Celeste, mi diceva che uno dei problemi è che “i librai non si conoscono tra loro”. E quando si conoscono pare che si ignorino, se è vero, come riportava Marco Casiraghi della Libreria di Quartiere, che quando i cinque librai della sua stessa zona devono andare a rifornirsi di libri dallo stesso distributore ci vanno con cinque macchine diverse.

Il titolo di questo scritto è stato ispirato dalla risposta, a proposito del motivo per cui fa il libraio, di Gioachino Pistone, della Claudiana. Come si potrà vedere leggendone le testimonianze, i librai di Milano sono molto diversi tra loro: ci sono quelli che si dichiarano specializzati in gentilezza; i farmacisti dello spirito, come Gioachino; quelli che plaudono entusiasticamente alle librerie indipendenti e continuano la loro navigazione in mari economicamente procellosi, come Laura Ligresti del Mondo Offeso, una libreria giovanissima ma proiettata fin dagli esordi in una moltitudine di appassionate iniziative. Alcuni, come ebbe a dirmi Lodovico Gavazzi di Books Import, nonsono così romantici da sognare una città di libri. Eppure, quello che non si può dire manchi ai librai è la pervicacia: bisogna senz’altro essere tipi ostinati per intraprendere o continuare un mestiere così. “Chi getta semi al cielo farà fiorire il vento”, scrive Ivan, poeta di strada milanese: un micromanifesto contro la tentazione del cinismo, un’esortazione a fare anche le cose che si trovano inutili o non immediatamente portatrici di risultati, una piccola buona cosa per confermarci nell’azione.

Le librerie indipendenti devono dipendere dal loro progetto.

 Sui sedili di un tram

Nell’aprile del 2008 cominciavo a scrivere di libri e parole sul mio blog. Mi spingeva il desiderio di scoprire che fine facessero nella vita di tutti i giorni i libri partiti dai negozi e approdati nelle borse e nelle tasche della gente che si sposta. Il glorioso tram numero due, che per molti mesi ho preso regolarmente almeno due volte al giorno, è stato in tutti i sensi il veicolo per questa personalissima indagine. Viaggiando sul due mi sono imbattuta in una pletora di lettori alle prese con volumi di tutti i generi, compreso, in un aureo caso, un lettore di Proust. Da questi miei viaggi metropolitani è nato il blog; dal blog è nato il progetto “Milano città di libri”, nell’ambito del quale ho cercato ifili che collegavano comportamenti in apparenza casuali legati alla lettura fino a immaginare la città come avviluppata in una ragnatela di parole. E chi,se non il libraio, è il venditore di parole par excellence? Allora mi sono chiesta se esistesse, al di là dei repertori già pubblicati, parenti autorevoli di questa guida (l’opuscolo Libro Dove – Guida alle librerie milanesi, curato nel 1983 dallabenemerita Lalla Pecorini dell’omonima libreria; la Guida ragionata alle librerie antiquarie e d’occasione d’Italia, di Claudio Maria Messina, del 1987; Cari librai. Guida ragionata alle librerie d’Italia, di Stefano Bucci, del2000), la possibilità di comporre una “città di libri” raccogliendo, oltre alle informazioni pratiche sui negozi, anche le voci di chi al loro interno prestala propria opera – un catalogo, ho scoperto, di personaggi non tutti illustri,tra i quali molti con qualcosa da dire. Non è stato sempre facile stabilire un contatto con i librai: alcuni si sono dimostrati assai diffidenti, nel timore che questa pubblicazione fosse una somma di inserzioni a pagamento per essere inclusi nella quale si dovesse, per l’appunto, sborsare dei denari. Altri sisono fatti inseguire fino all’ultimo momento, rendendosi disponibili solo qual che giorno prima della stampa del libro; altri ancora è stato necessario stanarli presentandosi presso di loro con carta e penna. Che un libraio abbia compiuto una precisa scelta professionale, o abbia ereditato il negozio dalla famiglia, o si sia trovato nel mestiere per caso, egli vendeoggetti non come gli altri. I libri sono scatole cinesi, contenitori che si aprono e si svelano all’infinito, in cui un significato ne implica e ne sollecita un altro, producendo cambiamenti in chi lo usa e moltiplicando i suoi livelli di lettura a chi lo apre. Questo è ciò che rende il libro un oggetto ineguagliabile: come scrive Harold Bloom nel prologo al suo Come si legge un libro e perché, “una delle finalità della lettura consiste infatti nel prepararsi al cambiamento”. Un’affermazione ulteriormente articolata dal libraio Morale (nomen omen) della Pleiade: “Trovo che far leggere la gente sia socialmente utile: se si fa leggere una storia d’amore alla Danielle Steel o Sveva Casati Modignani a chi normalmente, per trovare delle storie, guarda solo la televisione – che gli/le consegna cinquecento parole al massimo –, quella persona avrà a sua disposizione cinquemila parole in più. Chi non legge neanche un libro commerciale è infinitamente più povero e più esposto al rischio di essere imbrogliato. Leggere fa bene alla salute, e il lettore è un cittadino migliore”.

 

Altrove

Nel 1981, con la legge n. 81-766 del 10 agosto, meglio nota come legge Lang (approvata dall’unanimità del parlamento), in Francia si stabiliva il prezzo unico per i libri. Nel suo discorso di fronte all’Assemblée nationale, il ministro della cultura Jack Lang dichiarava il suo rifiuto di “ritenere illibro un banale prodotto commerciale” e la sua volontà di “modificare i meccanismi del mercato per assicurare la presa in considerazione della sua [del libro] natura di bene culturale, che non può essere sottoposta unicamente a esigenze di redditività immediata”. La legge si applica anche alla vendita di libri online, tanto che nel 2007 Amazon.fr, che l’aggirava proponendo ai propri clienti la consegna gratuita dei libri, è stata condannata a rifondere la somma di 100.000 euro al Syndicat de la Librairie Française, l’attivissima federazione dei librai indipendenti francesi il cui scopo è proteggere i diritti materiali e morali della professione. Ecco, secondo il Syndicat, tre conseguenze fondamentali che scaturiscono dall’effetto Lang:

–l’uguaglianza dei cittadini davanti al libro, venduto al medesimo prezzo sututto il territorio nazionale;

–il mantenimento di una densissima rete di distribuzione decentrata in particolare nelle zone svantaggiate;

–il sostegno al pluralismo nella creazione e nella pubblicazione, in particolare per le opere difficili.

E dopo questa incursione nella terra dei libri a prezzo fisso, dove quelli che siamo adusi a considerare utenti sono settecentescamente definiti cittadini, desidererei concludere con uno stralcio dall’intervista resa a chi scrive da Nic Bottomley, proprietario a Bath del Mr. B’s Emporium of Reading Delights, nonché vincitore nel 2008 del premio della British Book Industry “Independent Bookshop of the Year”: un pragmatico, incoraggiante invito all’intrapresa e all’azione, il cui merito, tra gli altri, è proporre una visione altra rispetto alla contrapposizione manichea “piccolo libraio-grande catena fagocitante”.

Che rapporto esiste tra i librai di Bath?

Tra noi esiste una concorrenza amichevole. A differenza di molti altri librai non ho mai lavorato per una libreria di catena, perciò non disdegno affatto quel tipo di negozio: sono solo piccole librerie che hanno venduto molti libri e sono diventate enormi. Noi ci misuriamo con loro facendo valere la nostra diversità; non ho problemi rispetto alle loro strategie di sconto, che trovo pienamente legittime.

Qualè il suo consiglio ai colleghi indipendenti?

Lavorate costantemente per cambiare le cose; non adagiatevi sugli allori. Pensate al miglior servizio che abbiate mai ricevuto (con tutta probabilità è accaduto in America) e offritene ai vostri clienti uno ancora migliore.

Avvertenza

Quella che vi apprestate a consultare non sarà ricordata nella storia come una guida autorevole, sistematica o, come direbbero gli anglosassoni, “ultimate”. Ho praticato, all’inizio, un tentativo di sistematicità, seguito a un intento di sistematicità, che non mi è stato possibile perseguire come avevo immaginato. Desideravo comporre una città di libri che presentasse, oltre alle informazioni di servizio sulle librerie, la voce dei librai indipendenti. Alcuni di questi si sono rivelati tanto indipendenti da non avere voglia di rispondere alle mie sollecitazioni: di essi si trova comunque menzione nella sezione Ancora librerie.

In alcuni casi si sfiora l’arbitrarietà: ad esempio non tutti i rivenditori di libri usati sono citati, ma i presenti sono già sufficienti per disegnare una mappa della presenza dei libri in città. Faccio sin d’ora ammenda nei confronti degli assenti, che invito, comunque, a farsi vivi nel caso molto gradito e auspicabile di edizioni future.

Mai come in questo momento storico la presenza dei libri e dei luoghi che liospitano – a Milano come altrove – è un fenomeno, salvo alcune gloriose eccezioni, assai mutevole e fluido.

Le librerie sono state individuate all’interno di ciascuna delle nove zone amministrative di Milano; sulle pagine che introducono ogni zona sono dispostiin una composizione grafica i nomi delle vie che in quei luoghi sono dedicate a scrittori, stampatori, editori, insomma gente di libri. Sono molto affezionata a una via della zona 4, intitolata al cardinale Bessarione, del quale – come si legge nell’Enigma di Piero di Silvia Ronchey – l’amico Niccolò Capranica avrebbe detto, mentre se ne celebrava il funerale: “Hai mai visto Bessarione senza un libro in mano?”.

La mia formazione di redattore editoriale mi obbliga a dare conto del fatto che non c’è sempre perfetta uniformità nelle schede dedicate a ciascuna libreria: ognuno ha risposto come ha creduto, e in alcuni casi ho dovuto semplicemente prendere quel che mi veniva dato. Questa non è pertanto una guida ragionata, nel senso che durante la sua confezione ha dovuto confrontarsi con l’umore del momento dei librai: ciò che potrebbe non necessariamente costituire un limite.

Dove si conclude tornando all’inizio

“Diventate più interdipendenti e aprite il vostro mondo ad altri elementi dell’universo del libro. È diventato quasi impossibile vendere solo libri nuovi o solo libri usati: è un modello ormai al tramonto.

Dobbiamo accettare il fatto che la vendita dei libri come la conosciamo è in via di estinzione. Il modello è stato gravemente messo in discussione dai cambiamentidegli ultimi dieci anni e non funzionerà mai più. […] Dobbiamo liberarci deltermine ‘indipendente’ una volta per tutte. Rimanere indipendenti nel nuovoscenario porterebbe a un quasi sicuro fallimento. […] Gli organismi più sanidevono praticare una relativa dipendenza, pena la loro sopravvivenza. Per ilibrai non dovrebbe essere diverso. Abbiamo bisogno di creare librerie eccezionali nella loro complessità.”

Michael Lieberman, Bookseller Manifesto


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credits

bookcity, città del libro e della lettura. adesso che la kermesse è finita rifletto sul fatto che “milano città di libri”, un progetto fatto di interviste ai librai milanesi, con incursioni sui mezzi pubblici per spiare anonimi lettori, culminato poi nella guida alle librerie indipendenti di milano, è cominciato per cose da libri nel 2008, con questo post.

poi è arrivato il libro, l’iniziativa estiva dei librai indipendenti, poi le cose si sono diluite in mille rivoli, poi mi giunge voce che si è costituita un’associazione di librai indipendenti milanesi. il tutto a partire dall’aprile 2010, quando alla presentazione del libro chi scrive sottolineò la necessità di una sinergia tra negozi.

mi tenga in considerazione, o sindaco, per il prossimo ambrogino d’oro.