“Quindes Cant de Giacomo Leopardi vóltaa in lengua mader”: è il sottotitolo di Leopardi in Brianza, libro illustrato di Renato Ornaghi edito dall’Opificio Monzese delle Pietre Dure di Monza (il temerario ingegnere brianzolo prestato alla traduzione non è nuovo a queste spericolate operazioni, sempre in collaborazione con l’Opificio).
E se la Brianza suona le proprie trombe, Forlì ha suonato le proprie campane: sabato 28 la biblioteca comunale Saffi ha presentato infatti, per la rassegna “Dal francese al romagnolo, andata e ritorno”, E’ Prinzipì, la versione romagnola del Piccolo principe.
D’altra parte, Madame de Staël scriveva: “So bene che il miglior mezzo per non abbisognare di traduzioni sarebbe il conoscere tutte le lingue nelle quali scrissero i grandi poeti, greca, latina, italiana, francese, spagnuola, inglese, tedesca. Ma quanta fatica, quanto tempo, quanti aiuti domanda un tale studio! Chi può sperare che tanto sapere divenga universale? e già all’universale dee por cura chi vuol far bene agli uomini.” Cosa che i traduttori di Leopardi e Saint-Exupéry hanno fatto, sia pure viaggiando dall’universale al particolare.