[…] la logica del profitto mina alle basi quelle istituzioni (scuole, università, centri di ricerca, laboratori, musei, biblioteche, archivi) e quelle discipline (umanistiche e scientifiche) il cui valore dovrebbe coincidere con il sapere in sé, indipendentemente dalla capacità di produrre guadagni immediati o benefici pratici.
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“La cultura, come l’amore”, osserva giustamente Rob Riemen, “non ha il potere di costringere. Non offre garanzie. Ciò nonostante, l’unica possibilità di conquistare e difendere la nostra dignità di uomini ce la offrono proprio la cultura e un’educazione libera.” Ecco perché credo che, in ogni caso, sia meglio continuare a batterci pensando che i classici e l’insegnamento, che la coltivazione del superfluo e di ciò che non produce profitto, possano comunque aiutarci a resistere, a tenere accesa la speranza, a intravedere quel raggio di luce che ci permetta di percorrere un cammino dignitoso.
Bompiani ha appena meritoriamente pubblicato L’inutilità dell’inutile – Manifesto, di Nuccio Ordine, professore di letteratura italiana all’Università della Calabria. Il volume è diviso in tre parti: L’utile inutilità della letteratura, con esempi da Foster Wallace, Shakespeare, Leopardi, Montaigne; L’università-azienda e gli studenti-clienti; Possedere uccide: dignitas hominis, amore, verità.
Sono duecentosessanta pagine che si divorano e fanno venire voglia di ridivorarle: come recita la fascetta, “Un libro da leggere e rileggere, senza moderazione”. L’autore di quest’ultima frase è peraltro un lettore, che l’ha scritta sul sito di Amazon Francia, ed è cosa molto buona che, per una volta, non sia di Daria Bignardi.
A parte il contenuto, una delle cose che di questo libro mi fanno impazzire è il formato: 16,5 x 10 centimetri, tascabile davvero, compatto, una gioia da portarsi appresso. E poi costa nove euro. E poi, last but not least, Nuccio Ordine è proprio un bel fioeu.