cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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tra le pagine di una crêpe_gelateria caffetteria clover, milano

davla gelateria clover, in zona bande nere, è anche una caffetteria, e fa un latte macchiato con i fiocchi. l’interno ospita tre minuscoli tavolini – immacolati, come tutto in questo locale –, in attesa dell’estate, quando torneranno ad animarsi i posti all’esterno. il personale e la proprietaria ricevono i clienti con squisita cortesia.dav

la gelateria clover, a sinistra dell’ingresso, ha una minuscola stazione di bookcrossing. davil primo libro sulla destra, quando al clover è entrata mrs. cosedalibri, era il baco da seta, di robert galbraith, prodotto in condizione di bonaccia, dopo la travolgente tempesta di harry potter, da j.k. rowling sotto pseudonimo. esito superbo della calma, però, da cui è stata tratta strike, una piccola, preziosa serie tv che prende il nome dall’investigatore protagonista ed è prodotta dalla bbc.dav

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fotogramma dalla serie strike. courtesy

al clover si scrive benissimo: puoi fermarti con il tuo taccuino (o il tuo libro – portato da casa o scelto tra quelli che aspettano sul termosifone) ed essere certo che nessuno ti disturberà.dav

al clover si può anche fare merenda, e qui il letterato trova crêpes per i suoi denti: perché le crêpes del clover si chiamano

la storia infinita

piccole donne

madame bovary

i malavoglia

willy wonka

il gattopardo

on the road

gargantua e pantagruel

l’educazione sentimentale

il rosso e il nero

faust

lo hobbit

arancia meccanica

l’insostenibile leggerezza dell’essere

la visita a questa gelateria, che sprizza bonomia pur proponendo anche specialità vegane – non si adontino i seguaci del veganesimo: alcuni tra loro cercano di fare proselitismo instillando sensi di colpa nel prossimo, un atteggiamento assai fastidioso ­– è stato un piccolo dono in una fredda giornata di sole, in cui chi scrive disperava di trovare un luogo accogliente in una zona che proprio accogliente non è. grazie, signore clover*, ci rivedremo senz’altro.dav

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loredana laurenti accanto al mini bookcrossing di clover

*le signore clover sono loredana laurenti e ilaria angelillo, madre e figlia. fanno in casa molte delle delizie che propongono, e ilaria è copywriter di sé stessa. i titoli dei prodotti sono suoi: tra i molti segnalo gli ammutinati, dolcetti al cocco e cioccolato il cui nome fa ironica concorrenza alla celebre barretta industriale.bounty_barretta_cioccolato

gelateria naturale clover
via v.g. orsini 1
milano
http://www.gelateriaclover.it

questo post è stato scritto su un taccuino clairefontaine papier vélin velouté 90g/m2 fabriqué en france par clairefontaine, con una stilografica caran d’ache collezione chromatics che montava una cartuccia montblanc burgundy red.


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tendenza neofeuilleton

IMG_20160222_075526“[…] il feuilleton è un contenitore aperto, e non va preso di sguincio o sottogamba. Perché, come tutti i piaceri necessari, non ha alcuna intenzione di avviarsi al declino; e perché nella sua gloriosa storia plurisecolare ci siamo un po’ tutti noi, col nostro modo di sentire e sognare.”

leonetta bentivoglio, il ritorno del feuilleton da balzac alle serie televisive – il fascino dei sogni a puntate

il numero di “dipiù” della settimana dal 22 al 28 novembre, che consta della rivista vera e propria accompagnata dal supplemento dedicato all’oroscopo, riserva una doppia sorpresa. a pagina 133 della rivista troviamo la quinta puntata del paradiso delle signore di émile zola (su licenza della newton compton editori, nella traduzione di fernando martini; si può comprare qui), pubblicato in concomitanza con la fiction su raiuno, mentre a pagina 61 del supplemento troviamo la quinta puntata di piccole donne di louisa may alcott (su licenza di ugo mursia editore, nella traduzione di tito diambra).

questa iniziativa, di cui nulla sapevo sino a ieri, mi sembra bellissima: mi sembra bellissimo che all’interno di una rivista che si occupa prevalentemente di cronaca rosa e nera, degli outfit delle star, di cucina e di eventi mondani ci sia posto per ben due bei romanzi. allo stesso modo mi piace la somministrazione a puntate, quella che crea il desiderio, dopo aver letto tre-quattro pagine, di sapere come continua la storia. be’, sapere che ci sono persone che aspettano l’uscita in edicola di un giornale, un giornale purchessia (con buona pace dei detrattori delle sfumature), per deliziarsi con le parole di zola e di alcott mi mette un sacco di allegria.

pillole di orientamento

umberto eco ha dedicato alla “retorica e ideologia nel romanzo popolare” il suo superuomo di massa (bompiani, milano 1978, ristampato spesso).

in un capitolo dell’almanacco bompiani 1972 dedicato alla letteratura dell’ottocento (umberto eco, cesare sughi, cent’anni dopo. il ritorno dell’intreccio, milano 1972) angela bianchini traccia una breve storia del feuilleton. qui si può trovare una piccola storia del romanzo popolare. IMG_20160222_075630


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“Per poter leggere a suo bell’agio”

Norman Rockwell, The Most Beloved American Writer, 1937

Norman Rockwell, The Most Beloved American Writer, 1937

“Jo, Jo, dove sei?”, gridò Meg dal fondo delle scale.

“Qui”, rispose una voce dall’alto e correndo su Meg trovò sua sorella in soffitta, ove tutta imbacuccata in un vecchio scialle, se ne stava seduta su di una poltrona presso alla finestra, mangiando mele e lacrimando sulla misera sorte dell’eroe del romanzo che stava leggendo.

Questo era il cantuccio prediletto di Jo; il luogo ove si rifugiava spessissimo con una provvista di mele in tasca ed un bel libro, per poter leggere a suo bell’agio e bearsi nella società di un minuscolo topo che non aveva alcuna paura di lei. […]

Jo era occupatissima su nella soffitta poiché le giornate cominciavano a rinfrescare ed i dopopranzi erano divenuti assai corti. Per due o tre ore il sole faceva la sua visita giornaliera a Jo, che, seduta su di un vecchio sofà, stava scrivendo in gran fretta, con tutte le sue carte sparse qua e là su di un vecchio baule che le serviva di scrittoio, mentre che Scrabble, il topino favorito, faceva tranquillamente la sua passeggiata sulle travi soprastanti, in compagnia di suo figlio maggiore, un bellissimo giovane che sembrava molto orgoglioso dei suoi lunghi baffi.

Tutta assorta nel suo lavoro, Jo scrisse finché ebbe riempito l’ultima pagina, poi fece la sua firma con un gran geroglifico e, buttando giù la penna, esclamò: — Ecco! ho fatto quello che ho potuto! Se questo non va, dovrò aspettare finché saprò qualcosa di meglio.

Appoggiando la schiena al sofà, lesse con grande attenzione il manoscritto, vi aggiunse una quantità di virgole e punti esclamativi, che avevano l’apparenza di tanti piccoli palloni, poi lo legò con un bel nastrino rosso e stette a guardarlo con un’espressione seria e pensosa, che dimostrava quanto impegno avesse messo nel suo lavoro. Il ripostiglio di Jo era una vecchia cucina di latta che era stata appesa al muro. Là dentro ella riponeva tutte le sue carte ed alcuni libri, tenendoli lontani così dai dentini acuti di Scrabble che, essendo anch’egli letterato, mangiucchiava tutti i fogli di quei pochi libri che gli capitavano sotto ai denti. Da questo ripostiglio Jo tolse un secondo manoscritto e, mettendoseli tutti e due in tasca, scese senza far rumore le scale, lasciando che i suoi amici si divertissero a rosicchiare le sue penne e ad assaggiare il suo inchiostro. Si mise il cappello e la giacchetta, poi piano piano andò ad una finestra che dava su di un tetto bassissimo, scese sul tettino, si lasciò cadere sul morbido prato e per una via traversa arrivò alla strada maestra.

Louisa May Alcott, Piccole donne, 1868


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albanacco_louisa may alcott

Compie oggi centosettantanove anni Louisa May Alcott. I suoi professori si chiamavano Nathaniel Hawthorne, Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau. Ed ecco il brano che ha fatto e fa dire a parecchie signore della mia generazione “Io, tra le piccole donne, mi identifico con Jo”:
“Jo, Jo, dove sei”, gridò Meg dal fondo delle scale. “Qui”, rispose una voce dall’alto e correndo su Meg trovò sua sorella in soffitta, ove tutta imbacuccata in un vecchio scialle, se ne stava seduta su di una poltrona presso alla finestra, mangiando mele e lacrimando sulla misera sorte dell’eroe del romanzo che stava leggendo. Questo era il cantuccio prediletto di Jo; il luogo ove si rifugiava spessissimo con una provvista di mele in tasca ed un bel libro, per poter leggere a suo bell’agio e bearsi nella società di un minuscolo topo che non aveva alcuna paura di lei. Appena vide comparire Meg, il topino si rifugiò nel suo buco e Jo, asciugandosi gli occhi e la faccia col fazzoletto, domandò quale fosse la causa dell’improvvisa interruzione. “Oh! Jo, che bellezza! la signora Gardiner ci ha mandato l’invito per la sua festa da ballo di domani sera!”, esclamò Meg, e mamma ci ha dato il permesso di andare. Che cosa ci mettiamo?” “Che bisogno c’è di far questa domanda, quando sai benissimo che dovremo metterci i nostri soliti vestiti! Non ne abbiamo altri!”, rispose Jo a bocca piena. “Se potessi avere un vestito di seta! Mamma me ne ha promesso uno quando avrò diciotto anni, ma ho da allungare il collo! Due anni non sono mica un giorno!”, sospirò Meg. “I nostri vestiti sembrano di seta e sono in buonissimo stato: il tuo è quasi nuovo; ma… a proposito: mi scordavo della bruciatura e dello strappo nel mio! Come devo fare? Quella bruciatura è proprio nel mezzo della schiena! E non posso neanche accomodarla!” “Bisognerà che tu stia sempre seduta; il davanti sta benone! Io ho un magnifico nastro nuovo per legarmi le trecce e mamma mi presterà la sua spilletta d’oro; le mie scarpine, debbo dire la verità, sono proprio eleganti: i miei guanti potrebbero essere più puliti, ma mi dovranno servire!” “I miei sono tutti sciupati e non posso comprarne un altro paio; perciò starò senza”, disse Jo, che non si curava mai del vestiario. “Tu devi avere assolutamente un paio di guanti! Se non li hai io non vengo”, disse Meg. “I guanti sono una delle cose più importanti perché, senza quelli, non puoi ballare e se non ballassi mi dispiacerebbe troppo!” “Starò seduta! che cosa me ne importa? Tu sai benissimo che fare quegli stupidi balli in giro non mi piace; io mi diverto soltanto quando posso saltare, far capriole e divertirmi a modo mio!”