cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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la poesia normale

c’è julia (chi diavolo è?), c’è john, c’è percy. presenze che si mescolano ad annunci pubblicitari meno nobili e ad avvisi di servizio.

il sindaco avalla, ci sono il british council e altre istituzioni, ma non fanno il baccano che farebbero altri microrganismi con la fascia tricolore appiccicata alla pancia, quelli che si fanno chiamare dottore.

la poesia, nella metro di londra, sta così. strato, con gli altri, delle meravigliose concrezioni che formano la città.


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dal lato della luce

io odio google maps. non perché sono vecchia, ma perché mi noja sul serio.

ma mettete quella freccia dove deve essere e ditemi esattamente dove devo andare, per la miseria. non devo essere io a far compiere evoluzioni al telefono. non devo lavorare per voi.

così ieri, dovendo andare a piedi in un luogo molto lontano, ho segnato su un foglietto tutte le tappe principali, fino alla meta. alcuni luoghi li conoscevo, per molti altri ho chiesto ai passanti.

una delle ultime persone cui ho chiesto è stata una portinaia dall’apparenza amerindia. “buongiorno, signora, sa indicarmi piazza pompeo castelli?” “è un po’ lontano, al di là del ponte. le conviene prendere il tram per tre fermate.” “no, grazie, vorrei andare a piedi.” “allora sempre dritto. ma cammini dall’altra parte, così si riscalda”. l’altra parte era il lato soleggiato della strada.

muori, google.


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una mattina perfetta

scultura arcaica crisoelefantina, delfi. courtesy

mentre rivedo il saggio di uno storico dell’arte apprendo l’esistenza della parola “crisoelefantina” e mi sento avvolta da quella straordinaria gratitudine che mi assalì la prima volta che mi concessero un tavolo in una grande casa editrice d’arte italiana, alla quale avevo chiesto di lavorare come correttrice di bozze, e loro avevano detto sì.


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la cina è più vicina_in viaggio con qianlong

“L’imperatore Qianlong della dinastia Qing compì sei viaggi di ispezione nelle regioni meridionali, rispettivamente nel 1751 (sedicesimo anno del suo regno), 1757 (ventiduesimo anno), 1762 (ventisettesimo anno), 1765 (trentesimo anno), 1780 (quarantesimo anno) e 1784 (quarantanovesimo anno). Durante questo periodo, Qianlong commissionò al pittore di corte Xu Yang la realizzazione di un enorme rotolo disteso di contenuto storico che desse conto del primo viaggio al sud, nelle province di Jiangsu e Zhejiang. Il dipinto, intitolato Il viaggio dell’imperatore Qianlong nelle terre meridionali, doveva riprendere i temi principali da dodici poesie composte dall’imperatore durante il primo viaggio. […]

La pittura classica cinese unisce le caratteristiche artistiche della poesia, della calligrafia, della pittura e dei sigilli. Gli esperti promuovevano la ‘pittura nella poesia’ e la ‘poesia nella pittura’: l’espressione poetica nei dipinti e il pittoresco nella poesia. In questo modo combinavano gli aspetti più interessanti della pittura con il fascino implicito della rima e del suono della poesia.

Il Viaggio dell’imperatore Qianlong nelle terre meridionali utilizza come temi dodici poesie dell’imperatore, a guisa di argomenti per un saggio: il dipinto doveva aderire all’idea dell’imperatore come sovrano supremo, con Xu Yang come ministro; doveva trasmettere l’emozione della poesia come dipinto, pur rimanendo in linea con le preferenze estetiche dell’imperatore; e cercava di sottolineare le idee centrali implicite nella poesia di Qianlong, di recepire gli scopi politici del suo viaggio nel sud e di esporre le sue strategie di governo, plasmando così l’immagine di Qianlong come sovrano divino e re saggio.”

ho cominciato a lavorare alla traduzione di questo libro per conto di Rizzoli a febbraio scorso. un testo denso di informazioni da verificare, di diverse espressioni da rendere palatabili per il lettore italiano, di ricerche da compiere. Ho seguito Qianlong, l’imperatore poeta e artista, partendo da Pechino, attraversando il Fiume Giallo e ritornando al punto di partenza, fra templi, case da tè e placidi laghi. Ho visitato botteghe in cui si vendevano pregiata carta di Xuan (xuanzhi), oggetti di cartoleria (jian), modelli per calligrafia (tie), damasco di seta (ling), seta greggia (juan) e carta da ventaglio (shanzhi). E sono tornata dal mio viaggio più sapiente.

“China has a long tradition of paintings [depicting] the everyday life and social customs of their respective periods. Zhang Zeduan’s ‘Along the River During the Qingming Festival’, for example, shows marketplace life in Bianliang (Kaifeng) during the Northern Song period. This type of painting provides historians with visual information extremely valuable for the study of a period’s social life and economic development. The ‘Qianlong Emperor’s Southern Inspection Tour’, by the Qing dynasty painter Xu Yang, is a work of this type.”

I started working on the translation of this book on behalf of Rizzoli last February. A text full of information to verify, different expressions to make palatable for the Italian reader, research to be done. I followed Qianlong, the emperor poet and artist, starting from Beijing, crossing the Yellow River and returning to the starting point, among temples, tea houses and placid lakes. I visited stores selling Xuan paper (xuanzhi), stationery (jian), model calligraphy (tie), silk damask (ling), plain weave silk (juan) and fan paper (shanzhi). And I came back wiser from my trip.


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nerino, o caro

vi ricordate di nerino lantignotti? mrs cosedalibri ne aveva parlato qui, fantasticando sulla sua identità. nerino, nella mente di chi scrive, aveva frequentato tutti i libri. nerino aveva e ha un nome che richiama cose buone.

stamattina, appena sollevata la tapparella, ho rivisto la macchina di nerino sul marciapiede di fronte. nerino ha cambiato la grafica del suo biglietto da visita su ruote. da scritta rossa in campo bianco è divenuta una scritta bianca su una fascia blu.

non avevo notizie di nerino dal 2017, l’anno in cui lo incontrai per la prima volta. mi ha colta una felicità subitanea, ho aperto la finestra e ho guardato il veicolo a lungo. nerino, lui, non è comparso. ma io so che è vivo, e che tra qualche anno potrò scrivere un terzo post su di lui.


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un post licenzioso_tom of finland

tom of finland. courtesy

non c’è un’occasione particolare per la pubblicazione di questo post (il centenario dalla nascita cadeva a maggio di quest’anno), se non che i disegni di tom of finland mi piacciono molto. mi piace quel miscuglio di desiderio e sfrontatezza, quell’allegria non di naufragi (ma qualche marinaio c’è) dei ragazzoni glassati di touko.

disegni così precisamente torniti, in cui tom of finland dispiega un’esattezza sensuale: turgori così vividamente frementi nella loro immobilità, fasciati all’interno di pantaloni-guanti, da comunicare una sensazione postorgasmica, come quando l’orgasmo è stato perfetto e induce la sensazione di essere venuti al mondo solo per mangiare e copulare. quei turgori, di qualunque orientamento sessuale si sia, invitano al tocco, a una gioiosa manipolazione, e lo stesso si può dire di quei pettorali sviluppati quasi come seni femminili.

scrivono tom+lorenzo sul loro sito:

“Touko Laaksonen, il leggendario artista erotico gay finlandese del Novecento, è nato un secolo fa, il che rende questo un momento perfetto per riflettere su ciò che ha realmente dato alla comunità maschile gay. Non era solo materiale da sculacciate. Era uno scorcio di un mondo che gli uomini gay della metà del XX secolo potevano solo sognare; un mondo in cui erano liberi. […]

Gli uomini di Tom non erano solo estreme rappresentazioni di motivi sessuali maschili che mettevano in scena i loro desideri apertamente in un mondo che sembrava essere per loro un parco giochi in cui tutto era permesso; erano anche gioiosamente, ridicolmente felici nella loro sfrenata gaiezza.”

murray clark, su “esquire”, riflette su una sorta di restituzione della virilità ai maschi gay da parte di tom:

“Erano uomini giovani e attraenti, così muscolosi e cesellati da essere a malapena contenuti nella loro uniforme da manovali, mani grosse e carnose saldamente piantate su schiene sottili, tra gli altri posti. […]

‘L’immagine degli uomini gay che dominava la rappresentazione mainstream in questo periodo era la “checca” o la “femminuccia”’, dice Bengry [Justin Bengry, docente di Storia Queer al Goldsmiths’ Centre for Queer History dell’Università di Londra]. ‘Era oggetto di scherno e derisione, un esempio fallito di mascolinità. L’arte di Tom of Finland ha dimostrato che gli uomini che desideravano altri uomini potevano essere maschili, virili e potenti – una risposta a una cultura che spessissimo diceva agli uomini gay che non avrebbero mai potuto essere “veri uomini”’.

scoperta la sua vocazione e intrapreso il percorso di disegnatore, touko laaksonen fu per lungo tempo costretto a nascondere le proprie opere nel suo stesso paese:

“Nel Regno Unito il sesso tra uomini è stato parzialmente depenalizzato cinquant’anni fa, in Finlandia ci è voluto fino al 1971. E fino a poco tempo fa i finlandesi non erano abbastanza pronti da poter riconoscere apertamente nel proprio paese uno degli artisti più famosi che avessero esportato. Nel 2014 hanno messo le sue immagini inconfondibilmente erotiche su un set di francobolli; quest’anno, un biopic [su Tom] è diventato un successo di pubblico nei multisala della nazione. Quasi cent’anni dopo la sua nascita nella città di Kaarina, Tom di Finlandia è tornato a casa. […]

Il vero nome di Tom era Touko Laaksonen. Di giorno era direttore artistico senior dell’agenzia pubblicitaria McCann Erickson. Nel tempo libero, però, traduceva in disegni le sue fantasie sessuali – motociclisti e boscaioli, montanari e poliziotti che si davano da fare nelle foreste, nelle prigioni e nei parchi, un sorriso sui loro volti grandi quasi quanto i loro peni enormemente tumescenti. Inizialmente pubblicati su riviste americane di protoporno gay come ‘Physique Pictorial’, i disegni sono stati diffusi in tutto il mondo nei grandi magazzini, nei sexy shop o nei leather bar attraverso un sottobosco internazionale di fan, nonostante le leggi contro la distribuzione di materiale così esplicito.”

così quello che ai suoi esordi era una sorta di reietto obbligato a nascondersi e a distruggere la sua opera è diventato una star nazionale e internazionale: a lui si sono ispirati stilisti, i suoi disegni campeggiano su bottiglie di vodka, lenzuola, berretti e ogni sorta di merchandising. il profumiere di nicchia état libre d’orange, di cui avevamo già parlato qui, gli ha dedicato una fragranza. a helsinki si può fare la tom of finland experience. e per chi vuole rilassarsi sferruzzando capi tom of finland dopo una dura giornata di lavoro, esistono istruzioni disponibili qui.

ancora, su tom, un articolo su “esquire” italiano.

sì. sono dediti alla caccia umana urbana, amano la carne maschile e non ne fanno mistero. ma i ragazzi di tom a volte leggono pure.

p.s.: ho trovato in rete le immagini che pubblico. chiedo perdono alla tom of finland foundation se ho infranto qualche copyright. fatemi sapere se devo toglierle.


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curiosità_l’impronunciabile

dopo i simboli che avevano sancito l’incomprensibile e l’illeggibile, ecco che arriva l’impronunciabile. buongiorno a tutt*, pretendono di scrivere. dopo l’asterisco, segno grafico che in genere rimanda a qualcosa (ma qui rimanda a femmine, maschi, persone dall’identità fluida, dunque a una qualche vaghezza), ecco lo schwa “ə” (scevà s. m. [dall’ebr. shĕwā, der. di shawniente”]).

courtesy

“buongiorno a tutt ə”, perciò: con un singulto finale, con una sensazione di oppressione in gola, con una frustrante consapevolezza di incompiuto.

lo schwa è (anche) appannaggio della lingua dei miei avi, il tarantino: ma non c’è repressione in quegli schwa dialettali. c’è una franca dichiarazione di disappunto, o un esplicito invio a quel paese, o una delusione primitiva di bambino.

lo schwa sostituto del “maschile dilagante” è una brutta pezza, una mano sulla bocca, un’emissione soffocata. non ha nulla di quella felicità indotta dall’agio. secondo il professor pietro maturi dell’università degli studi di napoli federico II coloro che attaccano “[…] [l’asterisco egualitario] dovrebbero proporre soluzioni alternative che vadano nella stessa direzione egualitaria.” io non ho soluzioni alternative, ma lo schwa mi fa ammalare, professore.

eppure lo schwa, un’ipotesi introdotta dalla linguista vera gheno, ha i suoi sostenitori. ad esempio, l’editore toscano effequ, nel cui catalogo gheno figura come autrice, si proclama campione della proposta nella persona di silvia costantino, che in un’intervista rilasciata al “giornale della libreria” così dichiara: “Quando Vera Gheno in Femminili singolari ha proposto l’utilizzo dello schwa (ə) per marcare le forme non binarie, Francesco Quatraro e io abbiamo deciso di comune accordo di modificare le [nostre] norme editoriali, per avvicinarci alla nostra idea di mondo: un posto accessibile, colorato, inclusivo”. così l’editore produce immantinente una borsa in tessuto, uno di quei tristi oggetti su cui spesso sono stampate frasi del genere “io leggo”, “io amo i libri” e altre amenità minoritarie, di solito indossate da individui ambosessi (forse anche di altri sessi) con i capelli unti, o che non vedono un parrucchiere da mesi, o da oscuri redattori editoriali che le usano come portabozze. e di questa borsa effequ fa il veicolo dello schwa.

ecco, effequ aderisce allo schwa, a questa chiave per un mondo accessibile, colorato, inclusivo. nella produzione di questo ineffabile schwa-editore (se è interamente presente sul loro sito), nella collana “rondini” gli autori maschi sono 9 e le femmine 3 (sì, è vero, c’è il collettaneo future, in cui i contributi sono tutti di femmine, ma non vale); nella collana “saggi pop” 7 maschi e 5 femmine; nella collana “illustri” 4 maschi e 2 femmine; nella collana “ricettacoli” una femmina, che in ricette di confine ci presenta “il cibo narrato dalla palestina occupata”, quindi se ne sta in cucina.

poi c’è l’unico libro ospite della collana “fuoricollana”, a cura di un maschio. peraltro, nella collana “saggi pop”, troviamo con viva sorpresa il titolo il tempo non esiste. l’uomo nell’eterno presente.

l’uomo? wtf? e nemmeno uno schwa, un misero asterisco, nulla: è possibile che alla riunione in cui si decideva il titolo silvia costantino fosse assente. insomma, per questa volta niente colori e inclusività. e a questo punto, tout se tient: in effetti, il serioso “giornale della libreria” ha rubricato l’articolo sotto la voce “curiosità”.


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do you speak english? un nuovo blog da seguire, partendo da una recensione di “other voices, other rooms”

[please, anglo-saxon readers, click directly on the swap! link]

il nuovo blog si chiama swap! e vanta ancora pochi post, ma post accurati, di lunghezza considerevole, scritti da una giovanissima studiosa di letteratura, purtroppo per chi non legge l’inglese solo nella lingua di shakespeare.

come piace a mrs. cosedalibri, nei testi si alternano riferimenti ad attualità e letteratura, recensioni e analisi di comportamenti umani. l’ultimo post di swap! mi ha catturata per l’uso del termine “unlovables” a proposito degli invisibili di truman.

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scrive l’autrice:

“Capote, come Randolph e Joel, era a sua volta un uomo inamabile: un omosessuale piccolino, dall’aspetto di eterno fanciullo, in cui l’infanzia rimaneva una condizione permanente, le sue ansie inalterabili. Anche i suoi regolari atti di esibizionismo, la sua concentrazione sulla scalata sociale incarnavano l’acuto, viscerale desiderio di essere amato che appartiene a ogni bambino, che appartiene a ogni adulto. Capote è tutti noi”.

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capote è tutti noi. e la titolare di swap! sembra proprio capote.


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di surrealismo e di fotografia

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man ray, philippe halsman, dora maar, rené maltête, rodney smith, edward weston, robert doisneau, elliott erwitt, herbert list, luigi ghirri, rené magritte, max ernst: sono i fotografi e gli artisti citati da emanuela pulvirenti del blog “didatticarte” nel suo post sulla fotografia surrealista e i sei modi per realizzarla, secondo il principio per cui “tutte le fotografie, per il fatto stesso di essere delle estrapolazioni del mondo, sono surreali, sono nuove realtà ridotte di scala e bidimensionali ottenute attraverso un’inquadratura che reinventa il visibile”.

con la consueta chiarezza, emanuela va alle fonti, disseziona amabilmente, elabora e invita a fare. noi ci sentiamo presi per mano e seguiamo volentieri, nutrendoci di rassicurante novecento.

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dora maar, senza titolo, circa 1935. courtesy