cose da libri

dove si esplorano parole e si va a caccia di idee


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l’arte di annotare e un moleskine che non è un moleskine

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come i lettori sanno, “cose da libri” non insegue le novità librarie, a meno che tra esse non vi sia qualcosa che cattura davvero il suo interesse.

scrivere idee – annotazioni e appunti, di hanns-josef ortheil, è uscito nel 2012 nella collana “scritture creative” della benemerita zanichelli. un prezioso libretto confezionato come un taccuino, in cui peraltro l’autore, nella prefazione, cita esplicitamente moleskine. ortheil racconta agli aspiranti annotatori il modo di prendere appunti di scrittori e artisti; ogni capitolo è concluso da esercizi, ad esempio “cercate in una città una piazza, piccola e non troppo dispersiva e, alla maniera di georges perec, osservate per diversi giorni tutto quello che vi accade. stilate delle liste con tutto quello che vi passa davanti […]. raccogliete le osservazioni sui diversi movimenti all’interno della piazza. trovate i dettagli poetici e continuate ad annotarli sotto forma di incipit narrativo di una storia.”

il sommario

• premessa

• introduzione: l’arte di annotare

• progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura I: annotazioni di base

• progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura II: annotazioni figurative

• progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III: annotare le emozioni e le passioni

• progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura IV: annotazioni classiche

• considerazioni finali: vivere la scrittura

• bibliografia

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lewis carroll, manoscritto di alice nel paese delle meraviglie. courtesy

dalla premessa (il grassetto è mio)

“Nicola è perfettamente connesso e ha sempre con sé tutto ciò che serve nella giungla moderna: uno smartphone, un portatile, un tablet. Se la cava bene: messaggia, manda mail e twitta, scrive sul suo blog ogni due giorni, posta su Facebook almeno tre volte al giorno, è sempre al telefono e quotidianamente attinge notizie fresche fresche dalla rete.

Poi però viene il giorno in cui all’improvviso un suo amico arriva con un taccuino: è nero, maneggevole, marca Moleskine, con una chiusura a elastico che non passa inosservata. È semplice, ma allo stesso tempo anche nobile e si capisce che contiene qualcosa di personale e di molto speciale, che non tutti possono leggere. […] Ogni volta che toglie l’elastico emette un lieve sospiro e comincia a scrivere con un’espressione assorta sul volto. Sembra quasi uno scrittore vero e Nicola deve constatare che, con il passare dei giorni, lo sta proprio diventando.

Ma non è tutto. Ben presto Nicola si rende conto che in giro i taccuini Moleskine aumentano in modo incredibile. […] Persone che prima non avevano mai pensato a scrivere o ad annotare, sono colpite da una vera e propria ‘taccuino-mania’. […]

Ovvio che Nicola non resiste. Anche lui compra un taccuino e almeno una volta al giorno sta seduto all’aperto a un tavolino del suo caffè preferito, per annotare ciò che vede e ciò che gli passa per la testa. Tutto questo ha qualcosa di molto artigianale e addirittura rassicurante. È così, pensa Nicola, una piacevole contro-esperienza rispetto alla veloce scrittura elettronica. Tuttavia fondamentalmente non sa scrivere delle annotazioni a mano. E soprattutto non sa cosa deve annotare. La verità è che adesso sta facendo qualcosa per se stesso e non per una community con i suoi temi prestabiliti. […]

Scrivere idee […] mostra come e perché annotare può essere un’arte e permette a Nicola di conoscere alcuni dei migliori scrittori al mondo che si sono cimentati con questo tipo di scrittura.”

dalle pagine 120-121

“Walter Benjamin scrisse questi appunti [quelli relativi al progetto “Parigi capitale del XIX secolo”] con una penna stilografica e una matita. Come lui, gli studiosi dei secoli passati attingevano le loro conoscenze da brani tratti dai libri. Riportare le citazioni a mano era diventato, dall’avvento della stampa, il metodo più diffuso per trattenere il sapere e immagazzinarlo per un impiego successivo. Esistevano addirittura dettagliati manuali con regole e consigli per copiare e ordinare le citazioni. […]

Sulla scia di questi archivi si cominciò a utilizzare anche taccuini, in cui idee o riflessioni potevano essere registrate in ogni momento. Sappiamo che filosofi che Friedrich Nietzsche e Ludwig Wittgenstein, per esempio, avevano sempre con sé un taccuino del genere, su cui scrivevano continuamente le loro annotazioni.”

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appunti di mark twain. courtesy

da pagina 148

“Attraverso l’annotazione ci si estrania dal flusso degli eventi e della realtà e ci si concentra su un aspetto preciso, facendolo proprio. […]

Annotare è lo stimolante ideale delle capacità intellettuali, la caffeina letteraria per eccellenza. […] la penna si muove sulla carta o le dita sulla tastiera nel modo più immediato possibile. La mente è lucida, le cellule nervose sono in azione e il flusso della scrittura scorre.”

dalle pagine 150-151

“La questione sta proprio nell’annotare quotidianamente, senza interruzioni. Periodi di pausa, anche brevi, si fanno sentire immediatamente, come accade con il musicista che trascura il proprio strumento. Anche la scrittura diventa incerta, lenta e perde di vivacità. Un esercizio regolare e frequente mantiene la fluidità della lingua. Anche riportare date e segni del mondo esterno può contribuire a questo, grazie inoltre ad associazioni, similitudini e metafore che completano e strutturano ciò che è stato scritto.”

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un taccuino di roger de muth. courtesy

hanns-josef ortheil, scrivere idee – annotazioni e appunti, traduzione di carolina d’alessandro, zanichelli, bologna 2012, 15 euro spesi molto bene


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Rendersi imprescindibili: sei domande su Moleskine, con scoop finale

libertà s. f. (dal lat. liber: libro) – essenza astratta e universale del libro, mitico archetipo sottratto al mutamento, di cui i singoli libri non sono che oscuri indizi, confusi suscitatori di memoria, ombre nell’antro fumoso. È conservato in esemplare unico nella biblioteca dell’iperuranio.

Maria Sebregondi, Etimologiario, Quodlibet, Macerata 2015

 […] Mi chiesero di pensare a una proposta, a un concept di oggetti e […] mi misi al lavoro per costruire una sorta di kit del nomade contemporaneo. Al centro di questo kit c’era un oggetto che in quel momento mi sembrò particolarmente significativo: un piccolo taccuino nero da tempo scomparso.

Maria Sebregondi su “Market Revolution

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Disegno su doppia pagina di taccuino Moleskine. Courtesy

In contrasto, forse a complemento del contemporaneo strapotere dei mezzi tecnologici, padroni incontrastati della lettura e della scrittura, si nota un ritorno, o una prosecuzione, un procedere parallelo di una tendenza a strumenti di scrittura e lettura “analogici”. È il mercato a cui si rivolge Moleskine, per quanto sia di questi giorni l’annuncio della nascita dello Smart Writing Set, un sistema integrato di rimandi carta-app-smartphone.

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Raymond Queneau, dispositivo di lettura combinatoria, 1961. Courtesy

Sul profilo Linkedin di Maria Sebregondi c’è scritto “Co-Founder and Board Member at Moleskine SpA”. Sebregondi è anche scrittrice e traduttrice nonché membro dell’Oplepo, l’Opificio di Letteratura Potenziale cugino del francese Oulipo: ed è la resuscitatrice dei taccuini Moleskine, intervistata con molto piacere da “cose da libri”.

1.Prima di parlare del presente – un discorso che sarebbe facile, dato che avete dimostrato una capacità di penetrazione del mercato assai spiccata: corner e negozi Moleskine si vanno moltiplicando a passo spedito in molti luoghi strategici –, mi piacerebbe fare con lei una ricognizione del passato, e chiederle in che modo, a partire dal recupero dell’ormai quasi logoro episodio di Bruce Chatwin che a Parigi non riesce a procurarsi taccuini sufficienti nella cartoleria di rue de l’Ancienne Comédie, Moleskine abbia ricostruito il mito. Come avete fatto rivivere e continuato il racconto?

Oh la là, “quasi logoro” l’episodio di Bruce Chatwin? Ma no, come, logoro? Ogni volta che ci penso mi rivedo la scena, integra e viva: la piccola cartoleria, un po’ buia, piena di scaffali e cassettini; Bruce febbrile e insieme annoiato come si conviene a un dandy un po’ blasé; la signora gentile con le mani piccole e veloci dal vago sentore di lavanda, il suo tono teatrale e accorato non esente da un leggero fondo sadico; la ricerca affannosa degli ultimi esemplari; i preziosi taccuini residui stipati nel plurifotografato zaino del nomade irrequieto…

Be’, per far rivivere il racconto basta appunto raccontarlo, come si fa nel biglietto che accompagna ogni oggetto Moleskine – le leggende vivono della loro ripetizione che lentamente le trasforma in mito. Ma per continuarlo ci vogliono le storie sempre nuove che i moleskiners generano senza sosta. Digitando Moleskine su Google, appaiono in meno di un secondo milioni e milioni di immagini: sono pagine di taccuini illustrati, scritti, modificati dall’inventiva di milioni di persone che s’identificano nell’immaginario innescato da quella storia e materializzatosi in un design esemplare.

 

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Bruce Chatwin. Courtesy

2.Dalle Vie dei canti, il libro di Chatwin nel quale è raccontato il celeberrimo episodio della temporanea morte del Moleskine, al Voyage autour de ma chambre di Xavier de Maistre, ricognizione della memoria compiuta in una condizione di confinamento: pur conservando il taccuino la sua identità nomade, di strumento di scrittura in movimento, c’è una declinazione di prodotti Moleskine che punta su attività stanziali. Sto pensando alla serie Passion Journals, in cui si immagina il proprietario del taccuino alla scrivania di casa mentre elenca, facendo ricorso al ricordo, libri, film, vini, ristoranti preferiti. C’è un flusso di viaggi verso l’esterno e uno verso l’interno, nell’intenzione archivistica dei vostri taccuini?

Certamente, il viaggio è uno spostamento del corpo e/o dell’immaginazione – un cambio di punto di vista che non implica necessariamente un cambiamento di luogo: un concetto ben espresso dalla parola inglese journey. La collezione dei Passion Journals è pensata per relazioni di profondità, per spazi di memoria focalizzati su aree d’interesse determinate, per facilitare l’archiviazione guidandone la selezione e la cura ma lasciando ampi spazi alla creatività individuale.

 

moleskine.com passions490

3.C’è una sorta di contraddizione progettuale fra i taccuini, le agende, i quaderni, tutti contrassegnati da una generale sensazione di “morbidezza” (predomina l’angolo arrotondato), e le vostre penne e matite, in cui il solido preponderante è il parallelepipedo. Come mai avete disegnato questi oggetti “spigolosi” per scrivere? Si ha la sensazione che siano progettati per tollerare un tempo di scrittura limitato. Quale è il concept che sta dietro a questi oggetti?

Il parallelepipedo nero è una sorta di forma archetipica dalle molteplici suggestioni. Una mostra di qualche anno fa ne raccoglieva alcuni esemplari incarnati in oggetti capostipite del Novecento. Anche i piccoli oggetti della tecnologia portatile che accompagnano le nostre vite sono per lo più rettangoli neri con gli angoli arrotondati (un recente libriccino multilingue di Guido Scarabottolo, Prontuario iconografico per il designer contemporaneo, ne celebra l’ubiquità), come il taccuino originario – che è tutt’ora il nostro best seller. Gli strumenti di scrittura Moleskine partono da qui, da questo rettangolo nero con gli angoli smussati (niente spigoli!) e, grazie alla clip che si aggancia alla copertina rigida, diventano tutt’uno con il taccuino – un sistema “consustanziale” ideato da Giulio Iacchetti e molto coerente con l’essenzialità Moleskine. La lunghezza della penna e della matita con cappuccio coincide esattamente con il lato lungo del taccuino pocket. La matita a sezione rettangolare, inoltre, evoca la carpenteria lignea e i suoi interpreti, con un rimando all’artigianalità e all’uso sapiente delle mani. Più che a un uso prolungato a tavolino, si pensa ad appunti presi in movimento, schizzi preparatorii, idee catturate al volo. Ma con l’impugnatura giusta si può scrivere anche per ore.

 

giemmeargenta.it

moleskine.com4.Scrive Ralph Waldo Emerson: “Abbi cura dei tuoi pensieri. Arrivano inaspettati, come un uccellino sull’albero che prima non c’era, e se torni al tuo lavoro quotidiano spariscono”. Avevo un problema annoso: quello di poter rispondere immediatamente a eventuali sollecitazioni ricevute durante il cammino a piedi, o in tram, o in qualunque altra situazione in cui non si può disporre di una scrivania. Non sempre gli abiti femminili sono dotati di tasche capaci, perciò il fatto di non poter fissare i pensieri in tempo reale mi provocava una piccola angoscia. La Moleskine Tool Belt ha sciolto efficacemente la questione: anche se non trova posto in una tasca, riunisce in forma efficiente e compatta ciò che serve per scrivere, rendendo disponibile ciò che serve in un unico oggetto. Come avete immaginato questo complemento?

Vivendo lo stesso problema e immaginandolo condiviso da molti “nomadi contemporanei”, abbiamo provato a trovare una soluzione che fosse semplice, funzionale e convincente esteticamente. Come per la penna, abbiamo cercato qualcosa che fosse parte integrante del taccuino e della tradizione artigiana: un vestito, un abito ridotto all’essenziale – la cintura del carpentiere, dell’idraulico, dell’elettricista… il minimo da indossare come una cintura con molte tasche. Nella Tool Belt Moleskine ci stanno le penne, le matite, accessori vari, lo smartphone protetto dalla chiusura lampo, biglietti e carte di credito nel taschino interno. L’elastico la tiene sempre aderente, magra o grassa che sia la cintura, sul tessuto si può appuntare una pin, una personalizzazione, un messaggio…

 

thecramped.com

5.Una domanda che nasce da un interesse personale e dalla vocazione di “cose da libri”. Richiamo ancora una volta l’origine squisitamente letteraria del vostro prodotto più noto, legata alla necessità di uno scrittore: eppure non avete mai dedicato prodotti specificamente alla letteratura, a parte l’edizione con il Piccolo principe. Quale è il vostro rapporto con i libri, con la narrativa in particolare? Si ha la sensazione di una leggera prevalenza a favore del disegno, del progetto, delle arti visive, che paradossalmente penalizza la parola scritta.

Insieme al Piccolo principe vorrei ricordare anche la recente edizione speciale dedicata ad Alice nel paese delle meraviglie. I libri ci piacciono molto – non solo come fruitori –, tanto che abbiamo una produzione editoriale, i Moleskine Books, che conta già oltre trenta titoli. È pur vero, però, che prevalgono il disegno e l’illustrazione, il processo creativo nel suo manifestarsi in immagini più che in parole. In sintonia con quanto il nostro pubblico continuamente ci propone – milioni di illustrazioni, schizzi, disegni – ci siamo ritagliati un’area che ci pare distintiva nell’immenso panorama editoriale, quella cioè relativa alla rappresentazione visiva dei percorsi di nascita e crescita delle idee. Con l’ulteriore vantaggio di essere meno implicati nel tema della varietà linguistica e poterci rivolgere più facilmente a un pubblico internazionale. L’editoria letteraria, come ben sai, non può prescindere da esigenze di traduzione e la parola scritta richiede tendenzialmente maggiori mediazioni dell’immagine.

6.Solleviamo per un momento il sipario sulla fucina Moleskine. Come nascono i nuovi progetti? Avete i vostri analisti di trend? Come intercettate le necessità del vostro pubblico?

Abbiamo una buona sensibilità interna e diffusa, cerchiamo di assumere persone che siano prima di tutto dei Moleskine fans, condividano i valori, le passioni, gli interessi, gli stili di vita e di pensiero del nostro pubblico. Questo è già un buon punto di partenza per individuarne le necessità. Ci appoggiamo a un network di creativi con cui ci confrontiamo costantemente, di studiosi esperti dei nostri temi, di ricercatori qualitativi e quantitativi, facciamo scouting continuo online e offline. Da quando abbiamo i nostri negozi diretti si sono moltiplicati i momenti di prossimità con il nostro pubblico e presto avremo nei Moleskine Café (apertura a Milano in Corso Garibaldi fra un paio di mesi) nuovi spazi di relazione e di confronto.

Un nuovo posto dove ti aspettiamo per offrirti un buon caffè e ulteriore ispirazione per le tue prossime scritture!

 

Credits

Devo un ringraziamento particolare Roberto Di Puma, facilitatore d’eccezione di questa intervista nonché Director Publishing & Business Development di Moleskine.


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For girls only

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La giornalista del “Guardian” Lucy Mangan ci racconta i motivi del suo amore per penne e taccuini e ci dice cosa potrebbe accadere a chi registra con costanza avvenimenti e suggestioni su un quaderno speciale.

Perché amo la cancelleria

Lucy Mangan

[…] Tutti amiamo la cancelleria (alcuni più moderatamente e con gusto migliore di altri). Ma perché? Mi sembra che essa offra due eccezionali e ammalianti promesse. La prima è che solleciterà il nostro potenziale creativo. La pagina immacolata, la penna intonsa, offrono possibilità illimitate (così come, nei giorni peggiori, illimitate paure). “Mia buona penna d’oca!”, scriveva Byron, “Schiava del mio pensiero, obbediente alla mia volontà / divelta dall’ala materna per convertirti in strumento di scrittura / arma onnipossente dei piccoli uomini!” E guardate dove è arrivato. Immaginate cosa avrebbe potuto fare con una Montblanc e un Moleskine special edition. La penna giusta e la carta giusta, insieme, si pensa tra sé, non possono che dar luogo a un improvviso flusso di idee audaci, brillanti e originali, il germe di un bestseller che a sua volta sarà inscritto in un altro, forse più grande taccuino, più degno del compito, in frasi sontuose e splendide come le pagine su cui sono scritte. Personalmente sono sempre alla ricerca del taccuino perfetto. Muji (quelli in brossura marrone), Field Notes (nei pacchi da tre), l’onnipresente Moleskine e, nei momenti più estrosi, Cavallini & Co, si sono avvicinati tutti. Il che è come dire che si sono avvicinati a essere quello che diventerà il taccuino consueto, sul quale porterò avanti la fiera tradizione rinascimentale di registrare citazioni utili, storie che ispirano e ritagli curiosi ma che finiranno per sfociare – in una sorprendente svolta moderna e attraverso una complicata ma plausibile catena di eventi che comprenderà vendite strepitose, adattamento di successo per il cinema e un’identità di vedute con la star durante una visita sul set – in un lungo e felice matrimonio con Jake Gyllenhaal. È così strano, allora, che io continui a comprare, quando fra me e tutto questo c’è solo un taccuino a fogli bianchi rilegato in cuoio? […]

Estratto da Lucy Mangan, Why I love stationery, in “The Guardian”, 29 febbraio 2012


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Moleskine Chapters _in viaggio con Ralph Waldo e Raymond

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A destra, i nuovi Moleskine Chapters in tutte le misure; a sinistra, Note Card e Postal Notebook, per inviare parole e disegni attraverso la posta

“Abbi cura dei tuoi pensieri. Arrivano inaspettati, come un uccellino sull’albero che prima non c’era, e se torni al tuo lavoro quotidiano spariscono”, scriveva Ralph Waldo Emerson.

C’è un modo per non tornare subito al lavoro quotidiano, almeno non prima di aver estratto dalla tasca un Moleskine Chapters.

2015-09-26 10.58.01I nuovi Moleskine sono fatti apposta per raccogliere idee. Propongono una sistematizzazione dei nostri pensieri, su fogli a righe o a puntini, in sei capitoli (l’ultimo è composto di pagine staccabili) che possono diventare il diario di altrettanti progetti e un’appendice di to-do lists (l’intellettuale nomade metropolitano fa anche la spesa; ma le liste servono anche a molto altro).

Il dorso dei Chapters è cucito a vista, un tipo di rilegatura che consente un’apertura completa del taccuino senza danneggiarlo.

2015-09-26 10.58.27Il flâneur che volesse uscire senza borsa o altri impedimenti al suo libero camminare per la città potrà infilare agevolmente la versione pocket in una tasca; chi volesse usarlo in casa troverà le versioni medium e large. La carta è la classica avorio Moleskine 70 grammi, su cui scorrono benissimo una classica stilografica Waterman con pennino sottile e una Palomino Blackwing; meno soddisfacente è stata la performance di una Caran d’Ache e di una matita Dixon Ticonderoga.

2015-09-26 10 nuova mauveUna delle cose che più hanno attratto mrs. cosedalibri è lo splendido colore mauve scelto per una delle copertine dei taccuini, che l’ha fiondata direttamente all’inizio del secolo breve, tra i romanzieri distratti che popolano l’Icaro involato di Queneau. Nella fattispecie, il colore è citato nel dialogo tra Jacques e Jean, colti mentre discutono del loro lavoro:

Jean […] dimmi, caro Jacques, a che punto sei col tuo lavoro?

Jacques Ebbene, continuo a redigere il mio romanzo.

Jean Qual è il soggetto? Me ne hai parlato ier l’altro, ma in modo direi quasi oscuro.

Jacques Soggetto? Non ne ha.

Jean Non ha soggetto! Ecco qualcosa di sbalorditivo.

Jacques Vorrei dar l’impressione del colore mauve.

Jean Continua, m’interessi e mi sorprendi.

Jacques Se avessi scelto di dare l’impressione del colore violetto, avrei scritto un romanzo sugli ambienti ecclesiastici. Ad esempio, un prete ambizioso che aspira all’episcopato e fors’anche al papato. Spera di diventare il primo sommo pontefice francese.

Jean Che è vestito di bianco, non di violetto.

Jacques Perciò vi ho rinunziato. […]

Jean Ma, a parte il mauve, non ci sarà nient’altro?

Jacques L’adulterio.

Jean L’adulterio! Un soggetto sfruttato, se oso dire, più ch’altri mai. Comunque, noi tutti, romanzieri di questo secolo che si avvia al tramonto, parliamo di adulterio. Quanto a me, non parlo d’altro! Mi deludi. E pensi alla posterità? Dovresti scegliere qualcosa d’altro, meno fine secolo.

Jacques Ma il mio adulterio sarà mauve.

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È da poco arrivato l’autunno e non c’è nulla di più bello che rubare un poco di tempo al lavoro per soffermarsi in qualche angolo della città, panchina o sedile di parco non importa, o per entrare in un bar tranquillo muniti di taccuino Chapters. Per scrivere cose nuove, sistemare le cose già scritte, capire a che punto sono i progetti. È consigliato l’uso di una stilografica con pennino sottile, ché il segno più corposo di quelli medi potrebbe trasparire sul retro del foglio. Per ricavare il massimo piacere dall’esperienza, usate inchiostri di buona qualità. E color mauve, ça va sans dire.

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Preparazione all’autunno: Moleskine, matite e penne di qualità, zucca mantovana, mele del Trentino, mango da Israele. E rose che vanno avvizzendo


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Elogio ed elegia del cotone

Tom si era messo a lavorare, e di quando in quando dava alla sfuggita un’occhiata alla donna e al suo lavoro.
Vide ch’essa aveva un’abilità naturale, e perciò eseguiva più facilmente degli altri l’opera sua. Coglieva il cotone con prestezza e bel garbo, ma conservava quell’aria altera e sdegnosa che già dicemmo. Tom, che era sempre vissuto fra persone cólte e ben educate, si accorse subito, dalla sua aria e dal suo incedere, che ella apparteneva a quella classe; ma non sapeva immaginarsi per quali circostanze fosse caduta in sì basso stato.
Nel corso della giornata Tom si era trovato, lavorando, presso la mulatta già comprata nel suo stesso lotto. Essa, come ben si vedeva, era in uno stato di gran patimento, e Tom la udiva spesso pregare quando, esausta di forze e presa dal tremito, pareva lì lì per cadere a terra.
Tom, avvicinatesi a lei senza far parola, le pose dentro il canestro manate di cotone che toglieva dal suo.
— Oh, non lo fate! — disse la donna guardandolo con maraviglia. —
Poi vi troverete scarso di lavoro. —
Harriet Beecher Stowe, La capanna dello zio Tom, Salani, Firenze 1930 (versione in liberliber.it)

 

oriz1-cottonIl cotone, così come i veri Moleskine, non esiste più.

In casa mia, presso la parte materna – una dinastia di sarte –, i tessuti sintetici erano uno dei più grandi tabù: perché puzzano, perché si arricciano sotto il ferro da stiro. Lino e cotone erano i superfavoriti, e ancora ricordo l’espressione di professionale soddisfazione di mia nonna quando toccava e annusava le pezze di cotone dai negozianti: metri di tessuti a righe per la confezione delle camicie, quadretti Vichy per gli abiti di neonati e bambine, o il lino ancora rigido di amido, con la sua promessa, al minimo tocco, di successiva straordinaria morbidezza e plasmabilità e di una resa estetica sempre in bilico tra lo sciatto e lo chic.

Adesso il puro cotone lo usano i produttori di fascia alta e i t-shirtari come Fruit of the Loom (che ha sede nel Kentucky, stato in cui risiedeva anche Arthur Shelby, il padrone dello zio Tom). Il resto è tutta una percentuale di poliestere, poliammide, elastam. Il cotone è relegato a percentuali miserrime.

Prendiamo, ad esempio H&M: è difficilissimo, se non impossibile, trovarvi un vestimento prodotto con fibre naturali.

pure-cottonQuei tessuti elettrici, petrolchimici, con la facoltà misteriosa di produrre, assorbire e restituire il sudore anche dopo ripetuti lavaggi, andrebbero puliti con il metodo della cauterizzazione: nulla possono contro quella misteriosa ritenzione detersivi, additivi, ammorbidenti.

Io le odio, quelle pezze fetide, poiché esse, in combinazione con milioni di chilometri quadrati di pelle umana sovente mal lavata, contribuiscono in misura significativa all’esistenza e alla persistenza della puzza sociale.


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no, però il moleskine iconico no

moleskine-150423144704che moleskine e driade firmino un accordo di collaborazione per produrre taccuini e altri oggetti che probabilmente saranno bellissimi (anche se forse saranno investiti da una botta di calore al contrario, ché driade disegna un po’ freddino) è cosa in sé ottima. però, ragazzi, definire i moleskine iconici, con questo aggettivo iperabusato nell’ambiente della moda, che vuol dire tutto senza dire precisamente nulla (ed è un brutto anglismo), definire i moleskine iconici no.


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della necessità di disporre di un gran numero di stoviglie diverse, a tutto beneficio dell’attività intellettuale

cinderellaspazzare, rigovernare, rassettare: sono verbi di sapore arcaico (tutti invalsi tra il XIII e il XIV secolo, come ci dice il sabatini coletti), funzioni che l’umanità è arrivata a trasferire pagando suoi simili per svolgerle, ma non ancora a eliminare. si spende settimanalmente un tempo enorme per occuparsi delle cose domestiche (36 ore le donne e 14 gli uomini), un tempo sprecato principalmente da esseri di sesso femminile. perché il copione, poi, è ripetitivo sino all’ossessione. usiamo oggetti e sporchiamo praticamente qualunque cosa facciamo, e non esiste via di uscita. su questa realtà si sono costruiti abitudini, comportamenti e malattie prevalentemente femminili: dall’imposizione dell’so delle pattine ai membri della famiglia, quando era ancora frequente dare la cera ai pavimenti (so anche di alcune spostate che non ti fanno entrare in casa se non ti togli le scarpe, parente o amico che tu sia: esse hanno acquistato pianelle di ogni misura e foggia, e le tengono nell’ingresso per scongiurare l’entrata del nemico) all’ordine compulsivo da infliggere agli sventurati che vivono in casa con la pazza agli atteggiamenti di recriminazione perpetua di molte signore che parlando di sé stesse come di schiave, nel migliore dei casi martiri, cui non si tributa il minimo rispetto.

presso la casa di mrs. cose da libri le condizioni sono assai variabili. dipendono dalla quantità di parole da lavorare, dall’umore del giorno, dal gusto di mettersi in libertà lasciando cose in giro (un gusto molto spiccato presso l’adolescentina di casa, che da questo punto di vista pratica con profitto il massimo della nonchalance). e poi dipendono, le condizioni della casa, massime della cucina, dalla quantità di stoviglie rimaste pulite.

bisogna sapere che in casa c’è una grande quantità di piatti, bicchieri e posate, spesso utilizzati fino all’esaurimento, all’ultimo cucchiaino di riserva.writers

perché, signori, chi si sogna di lavare i piatti ogni santa volta, se nell’altra stanza c’è un divano da occupare, una pila di libri da sfogliare, leggere, piluccare, matite per sottolineare, taccuini per prendere appunti e poi george, william, gustave, honoré, patricia, philip, saul e giacomo che ti aspettano?Catalogue Notebooks2010 A4_IT.indd

e, dulcis in fundo, il moleskine fatto apposta per registrare e classificare i libri che hai letto?

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Recensioni di cancelleria 3_almeno il francese

La signora cose da libri, si sa, è una maniaca di cancelleria. In una ricognizione alla Fnac si è imbattuta in un corner Legami, una linea di prodotti che ha cominciato con taccuini e agende e poi si è impegnata nella declinazione a tutto tondo: gomme, matite, astucci, penne, righelli, tazze.

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IMG_0909Fin qui tutto bene, anche se bisogna osservare che i taccuini Legami sono orripilanti nel design e nei colori (anche Moleskine declina assai – il che per l’utente non è sempre un bene: sfido chiunque a trovare un taccuino nero, normale, a righe, nella babele di prodotti –, ma loro la scala Pantone la usano molto bene, il che dà luogo a risultati cromatici piuttosto raffinati), hanno su di sé qualcosa di equo e solidale, di preindustriale che ne pregiudica l’impressione di solidità sull’utente.

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allegato_232Proprio non ce la fanno, i signori Legami, e non si capisce perché non ricorrano a designer più fichi. E passi per i designer. Epperò Balzac non si tocca. I Legami hanno pubblicato anche delle tazze con citazioni più o meno letterarie.

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Ma mentre hanno trovato modo di tradurre la frasuccia di Bob Marley, nessuno si è dato la pena di fare una ricerchina sulla citazione di Balzac (sarà di Balzac?), che compare incongruamente in inglese. Almeno il francese, dico io.


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Il diavolo disegna su Moleskine

Di Renzo Ferrari, mefistofelico pittore ticinese, “cose da libri” si era occupato qui. Dopo aver pubblicato il catalogo delle sue opere del ventennio 1990-2010, l’artista raccoglie l’opera grafica di un cinquantennio abbondante (1958-2013): acqueforti su zinco, in prevalenza, prove d’autore che accampano spesso un’aria di non finito.

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Renzo Ferrari negli uffici di Skira con Flavio Ranzini, illustrissimo grafico milanese e artista a sua volta

E in effetti lavorare con Ferrari comunica al tempo una sensazione di parziale precarietà – i titoli delle opere, ad esempio, pittura o grafica che sia, sono spesso criptici e spesso non definitivi: e spesso cambiano mentre l’artista ne parla con te. Allo stesso tempo Ferrari può contare su una memoria e una tenacia implacabili, un amore per la precisione in netto contrasto con l’apparenza di parecchi tra i suoi lavori: segni fondi e primitivi o tratti esilissimi che si allungano oltre il supporto, figure antropomorfe circoscritte come in utero, o in cammino, o ritorte entro un ambiente caotico.

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Porta vegetale, 1960, pda, acquaforte su zinco, 180 x 147 mm
Parma, Raccolta CSAC

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Land, 1958, prova unica, silografia su linoleum, 80 x 112 mm

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Don Chisciotte, 1961, pda, acquaforte su zinco, 121 x 81 mm. Parma, Raccolta CSAC; Bellinzona, Museo Civico Villa dei Cedri, Fondo Ferrari

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Disastro in giardino, 1960-1961, 2/50, acquaforte su zinco, 246 x 200 mm. Parma, Raccolta CSAC; Bellinzona, Museo Civico Villa dei Cedri, Fondo Ferrari

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Finestra d’inverno, 1960, pda, acquaforte su zinco, 140 x 80 mm

Come scrive Marta Silenzi nell’intervista che correda il nuovo volume, “Tutte le opere di Renzo Ferrari sono interpretabili. Si può scegliere di attenersi alle titolazioni e quindi provare a stare al gioco dell’artista, oppure sondare gli strati e le scelte complesse, mai evidenti, che hanno bisogno di esplorazione e attenzione, hanno bisogno di un tempo di osservazione e di una lettura a più livelli, perché l’artista scansa le insidie della descrizione, rincorre o è rincorso da una necessità di straniamento direi brechtiano: al di fuori di qualsiasi andamento didascalico, Ferrari costruisce le sue immagini con mezzi tradizionali usati in maniera soggettiva e con freschezza della visione, con personalità, creando situazioni o rapporti imprevedibili, trasferendovi un’imagerie memoriale e al contempo percettiva dell’attuale, di ciò che lo circonda, specie del dato culturale e di quello naturale. Si tratta di accumuli che producono delle liberazioni grafiche”. E lo stesso artista, alla domanda di Silenzi “Come e dove comincia una tua opera, come ti poni?”, risponde così: “In sede di lavoro parto da un assunto esperienziale, ma poi la dinamica espressiva è totalmente mentale, complice anche la casualità”, ma dichiara anche “Da una parte mi sento liberissimo (‘anarchico’), dall’altro sento il peso dell’educazione: c’è un Super Io che comanda forte e lo devo sempre dominare scherzandoci sopra”.

I lavoro grafici di Renzo Ferrari sono confluiti in parte nel Fondo Ferrari a Villa dei Cedri, Bellinzona, alcuni sono in collezione privata e altri sono di proprietà dell’artista. Il libro, con testi di Flaminio Gualdoni, della già citata Marta Silenzi e di Luca Pietro Nicoletti, uscirà a breve per i tipi di Skira editore. L’editing del volume è curato dalla vostra Anna Albano, che ha incontrato il pittore nelle stanze di Skira e si è fatta mostrare uno dei Moleskine che Ferrari tiene in tasca in permanenza: diario di parole, registrazioni di sogni su cui Ferrari sovrappone disegni a penna, piccola opera variabile, emendabile e portatile. Eccone alcune immagini esclusive per i lettori di “cose da libri”.

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